• 2024

Asunta

El caso Asunta, per meglio dire.
Perché siamo in Spagna.

Le serie TV non sono mai state il mio forte ma, ultimamente, ne ho seguite diverse basate su storie vere.
Non è il morboso ad attirare la mia attenzione, in codesti casi.
Bensì il desiderio di approfondire -provare ad approfondire, ecco- alcuni meandri della mente umana e, nel contempo, indagare i meccanismi che compongono i vari sistemi di indagine e di giudizio che, volente o nolente, potrebbero prima o poi palesarsi dinanzi a noi tutti, nelle più svariate ed imprevedibili forme e maniere.


La storia di Asunta, dal quale prende per l’appunto il titolo la fiction in oggetto, è una vicenda assurda, che ai tempi lessi sul web e che mi sconvolse, letteralmente, per la crudezza della trama e per la ripugnanza dei soggetti coinvolti.

La protagonista del caso, suo malgrado, è una dodicenne spagnola, Asunta Basterra, nata in Cina ed adottata a soli nove mesi d’età da una benestante famiglia galiziana.
I genitori adottivi, il padre Alfonso Basterra e e la madre Rosario Porto, sono entrambi membri dell’alta società locale.
Lui è un giornalista di buona fama e di medio talento e lei è un avvocatessa figlia d’arte e ricca di famiglia.
Asunta è la prima bambina cinese ad essere stata adottata nella regione della Galizia e sin da giovanissima denota un’elevata inclinazione per le arti: dipinge con estro, suona bene il pianoforte, balla con apprezzabile eleganza, è un’abile ginnasta, studia con profitto diverse lingue contemporaneamente ed a scuola è un portento.
Tenera, intelligente, colta, educata.
Di certo il buon Troisi avrebbe scherzosamente invitato i suoi a portarla in mezzo ai mostri (cit. Ricomincio da Tre), evitando tutto ciò che di drammatico si sarebbe di lì a poco verificato.
Perché i mostri, la povera Asunta, li ha in casa, purtroppo.

La madre, che ha problemi psicologici di notevole gravità, tradisce il marito con un uomo dalla doppia vita e che non ha alcuna intenzione di lasciare la propria moglie, oltretutto in dolce attesa.
Il padre è un tipo strambo, subdolo, ambiguo, che apprezza la pornografia in forme poco nobili e che pare dedicare attenzioni morbose anche alla figlioccia, oltre ad attaccarsi morbosamente alla propria donna una volta compreso che senza di lei rischierebbe il tracollo finanziario.

Due esseri abbastanza spregevoli, insomma.
Come tanti altri ma che, a differenza di tanti altri, imbottiscono di farmaci la loro creatura, disseminando parecchi indizi che condurranno a loro una volta scoperto il cadavere di Asunta, drogata e strangolata da una delle bestie -o in accordo da entrambe, con molta probabilità- e gettata via come un sacco della spazzatura su una strada periferica.


La vicenda acquista presto i crismi della notizia di cronaca per eccellenza.
La Spagna, inorridita, si ferma dinanzi alla tragedia e riflette.
I media ci sguazzano, generando una sorta di catalessi ove tutti, ma proprio tutti, utilizzano l’accaduto per introdursi negli avvenimenti di cui sopra e commentarli, farli propri, immedesimarsi a pieno titolo nei protagonisti e, ovviamente, condannarli alla più dura delle pene.

Prescindendo dai due pezzi di sterco in questione, bisogna riconoscere che la fiction di Netflix riesce a documentare alla perfezione la parabola di Asunta e la sua tristissima fine, soffermandosi adeguatamente sui lati umani dell’evento, sottolineando le storture giudiziarie e massmediatiche che hanno, volente o nolente, accompagnato una storia intricata e rimarcando gli aspetti personali, più oggettivi che soggettivi, che giocoforza hanno vissuto i protagonisti del racconto, sia i principali che i secondari, ammesso e non concesso che questi ultimi siano poi realmente tali.

Perché in Asunta pure i dettagli fanno la differenza e le vite di chiunque si sia ritrovato al centro dell’attenzione sono state inevitabilmente devastate dagli eventi.

La serie, in sei puntate, è prodotta benissimo.
Ripercorre con estrema attenzione i fatti e lo fa con una delicatezza che sorprende, tenendo conto degli scenari in gioco.
Anche gli aguzzini, per assurdo, paiono avere sembianze umane.
La piccola, senza sfociare nel patetico, è una presenza costante e mai imposta, forzata, replicata.
Asunta c’è, sempre.
Sempre, per davvero: e questo è il momento più catartico della fiction.

Gli attori principali sono semplicemente straordinari.
Lei, Candela Peña (la madre), è talmente brava che fa venire voglia di condannare pure l’attrice, oltre alla ignobile genitrice, per cancellare qualsivoglia traccia del passaggio della suddetta sul pianeta Terra.
Lui, Tristán Ulloa (il padre), è altrettanto valente ed abile ad interpretare un uomo enigmatico e quasi imperscrutabile, nelle proprie devianze.
Gli altri non sono affatto da meno, tutt’altro, con una recitazione che va ben oltre la media e che innalza Asunta su un ipotetico podio tra le migliori serie tv dell’anno e, forse, anche oltre.
Non vi è un solo membro del cast che non meriti la standing ovation, per intenderci.

Asunta - Netflix

Inoltre, al fine di farsi una idea della complessità degli accadimenti, è altamente consigliabile la lettura della pagina inglese di wikipedia, che li tratta.

Un delitto raccapricciante, che non è semplice definire con assoluta precisione nelle responsabilità specifiche ma che non lascia alcun dubbio sulla colpevolezza dei due genitori, che la legge ha condannato a parecchi anni di galera e che la morale, talvolta fastidiosa ma in certi frangenti decisamente imprescindibile, ha punito col massimo della pena.

Asunta - Netflix

Rosario Porto, dopo alcuni tentativi andati a vuoto ed al netto dei suoi evidenti disagi psicologici-psichiatrici, ha regalato una gioia al Mondo e si è tolta la vita in carcere, nel 2020.
Alfonso Basterra è ancora rinchiuso dietro le sbarre e dovrebbe restarci ancora a lungo, salvo alcuni permessi di cui usufruisce saltuariamente e la speranza, invero poco fondata, che possa imitare l’ex consorte e chiudere questa tristissima parentesi come meglio non si potrebbe, non fosse altro che per rispetto alla memoria della povera Asunta.

La famiglia del Mulino Bianco non esiste, purtroppo.
O per fortuna, a ben pensarci.

Però così no, porca miseria.
Così no.

Il resoconto cinematografico di Asunta è devastante, nella sua banale quanto sconvolgente malvagità.
Una storia di allucinanti non detti, di spaventose oscurità, di immane perfidia, di insopportabile normalità.

Asunta - Netflix

Non ti porta a “tifare” a favore della giustizia ad personam, sebbene sarebbe umanamente logico farlo, quanto piuttosto a pensare su come il male sia maledettamente vicino.
E che, proprio per questa ragione, rischia di terrorizzarci.

E, tocca ribadirlo, son degne di sottolineatura la sensibilità e l’umanità mostrate nei confronti di un tema alquanto delicato, di cui si discorreva poc’anzi: il legame, pericolosissimo ma per molti versi inscindibile, tra i media ed il pubblico.
Anche qui Asunta è veramente al di sopra delle parti.
E non è facile riuscirci.
No, non è affatto facile.


Asunta: 8

V74

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