• Il prediletto

Augusto Gabriele

«Il talento più forte che ho avuto alle mie dipendenze è stato Augusto Gabriele».
Oltre una decina di anni or sono, ad un convegno in quel di Coverciano, nel centro tecnico della FIGC.
Si discorreva amabilmente di calcio italiano e di settori giovanili e la dichiarazione di cui sopra, in risposta ad una domanda di un cronista, è di un signore di nome Arrigo Sacchi.
Senza fiaschi di vino nei dintorni.
E con la piena consapevolezza di aver allenato fiori di Campioni, quelli con la C maiuscola.
Eppure l’Arrigo nazionale si dice convinto delle doti di un ragazzo che in effetti avrebbe potuto avere una carriera molto luminosa, ben oltre la pur discreta soglia raggiunta nel suo percorso da calciatore.


Augusto Gabriele nasce a Pescara, agli inizi del 1962.
Cresce in una ambiente sereno, coccolato da due genitori della vecchia generazione: serietà nel lavoro e valori antichi.
Il pallone è il suo miglior amico.
D’altronde è nel DNA, avendo avuto uno zio calciatore/allenatore e diversi parenti appassionati della pelota.
I dottori rassicurano i suoi famigliari, preoccupati dal fatto che la sfera sia attaccata ai piedi dell’erede 24H24 e che gli possa creare problemi in futuro: Augusto non ha malformazioni o patologie, ma è soltanto innamorato del cuoio.
Ed è pure bravo, nel colpirlo.
Tanto da ritrovarsi ben presto nelle giovanili della Dinamo Pescara, una scuola calcio della zona, da cui poi è trasferito nella Ursus, sempre nella cittadina abruzzese.

Si mette in mostra come uno dei talenti più promettenti della regione ed il percorso “classico” dovrebbe prevedere a questo punto il passaggio tra i delfini biancazzurri.
Se non fosse che questi ultimi sono alquanto restii a versare il cosiddetto premio di preparazione, ovvero la quota di valorizzazione dei giovani del vivaio nel trasferimento ad una società professionistica.
A quel punto i dirigenti della Ursus si impuntano e nella persona di Vitaliano Patricelli, figura carismatica e competente dello sport e della politica regionale, si accordano per la cessione del cartellino di Augusto al Francavilla, dove l’appena sedicenne pescarese viene inserito nel roster della prima squadra, che milita in serie C2.

La famiglia non è troppo distante e Gabriele è un ragazzo con la testa sulle spalle, che continua i suoi studi e conquista pure la fiducia degli allenatori del Francavilla (dapprima Pasinato, poi Sacchella) che non esitano a gettarlo nella mischia, facendogli accumulare una decina di presenze in un torneo tutto sommato tranquillo, per il suo team.
Un sedicenne che gioca da regista ed illumina la scena non può non rubare l’occhio agli scout più attenti.
Difatti, a fine stagione, è la Sampdoria del presidente Mantovani, da sempre attenta ai giovani, a decidere di investire sul centrocampista.
Augusto Gabriele fa le valigie e si sposta a Genova, trovando spazio nelle giovanili blucerchiate ma senza riuscire ad esordire in prima squadra.
In Primavera gioca con continuità, legando con quel Fausto Salsano che pure sarà destinato ad una buona carriera.
L’idea dei dirigenti liguri è di farlo crescere e maturare in provincia, con un prestito in qualche società satellite di serie C.
Il Francavilla, promosso nel frattempo in terza serie, sarebbe propenso a cederlo definitivamente, ma non vi è accordo sulla cifra da sborsare.
Che si tratti della nota tirchieria genovese o di una semplice valutazione non corrispondente, non è dato sapere.
Fatto sta che il giocatore torna in Abruzzo e gioca un ottimo Torneo delle Quattro Nazioni con la Nazionale di C, oltre ad alcune partite in C1, attirando le attenzioni del Cesena neopromosso in serie A.


Insieme ad Augusto sbarcano in Romagna il centravanti austriaco Schachner -che Gabriele, a fine carriera, indicherà come il più forte attaccante con cui ha giocato-, l’esperto mediano Filippi, l’estrosa ala Verza, il promettente difensore Storgato, l’affidabile mezzala Genzano ed il giovane Zoratto, che diverrà anch’egli un pupillo del succitato Arrigo Sacchi.
In cambio a Francavilla vanno la punta Bozzi ed il centrocampista Fusini, oltre ad un conguaglio in denaro.

Augusto Gabriele inizia in Primavera, con Sacchi -proprio lui- in panchina.
Il profeta di Fusignano ne apprezza lo spunto sul breve e la ottima tecnica di base e lo vede come ala.
Gabriele, tra i migliori prospetti di una compagine che vince lo Scudetto di categoria, in stagione riesce anche ad esordire in prima squadra, affrontando la Juve del suo idolo Platini e disputando altri due incontri, uno dei quali contro l’Avellino, nel quale mette a segno una rete bucando Stefano Tacconi.

In quel momento nessuno potrebbe mai immaginare che quello agli irpini sarà l’unico gol messo a segno in serie A dal centrocampista pescarese.

L’annata successiva il Cesena inserisce Gabriele definitivamente nel gruppo che con Bolchi in panchina andrà incontro ad una sfortunata retrocessione.
Augusto mette a referto 26 presenze, le ultime per lui in massima serie, giocando da regista.
Un ruolo che gli piace parecchio, perché si ritrova al centro della scena e può gestire in prima persona i ritmi della squadra.
Viene convocato nella Nazionale Under 21 allenata da Vicini, disputando tre gare che purtroppo non gli valgono la chiamata per i Campionati Europei del 1982, con l’Italia che esce ai quarti di finale perdendo il doppio confronto con la Scozia.

Augusto Gabriele, Cesena

In serie B il Cesena organizza una compagine di qualità e l’affida a Pippo Marchioro, allenatore navigato e che ben conosce la piazza, nella speranza di una pronta risalita che però non avviene.
I bianconeri ristagnano per un bel po’ a centro classifica e per poco, nel finale, non finiscono addirittura in C.
Gabriele è di gran lunga il migliore dei suoi, con 10 reti (6 su rigore) che gli valgono l’ingresso nella classifica dei goleador insieme a bomber conclamati come Vialli, Bivi, Pacione, De Falco, Fiorini, Cinello, Tovalieri ed altri ancora.
Nella serie cadetta un elemento come lui sembra davvero sprecato.
In estate i giornali danno per certo il suo passaggio alla Juventus, che cerca un vice Platini.
Per le sue caratteristiche Augusto Gabriele sarebbe perfetto, in quel ruolo.
Inoltre Cesena e Juventus sono società amiche.
Affare fatto, insomma.
E invece no, perché le vie del calciomercato sono infinite.
Alla corte di Boniperti arriva Vignola, prelevato dall’Avellino.

Poche settimane ed è il Torino a piombare su Gabriele: dopo aver concluso l’acquisto di Schachner dando in cambio Bonesso a titolo definitivo, Cravero in prestito e soldi ai romagnoli, i piemontesi offrono anche l’attaccante Borghi ed il jolly Ferri per acquisire i servigi del regista pescarese.
I dirigenti cesenati sarebbero propensi ad accettare, ma Ferri si impunta per non lasciare la città della Mole Antonelliana e Borghi preferisce mantenere la categoria ed accordarsi con l’Ascoli.

Augusto, delusissimo dall’esito della trattative, resta in Romagna per altri dodici mesi.
Il Cesena, allenato da Buffoni, chiude nono in graduatoria e Gabriele, pur cavandosela discretamente, non ripete i fasti della precedente annata, complice la presenza di Angelini e Barozzi che, per tipologia di calcio, finiscono per occupare spazi vitali sul terreno di gioco.
A giugno il pescarese litiga col mister, confermato, e saluta la compagnia.

In estate arriva la chiamata del Parma, allenato da Sacchi.
Augusto tentenna: non vuole scendere di categoria.
Alla fine si convince e firma per i ducali, conducendoli alla promozione.
Poi discute con Sacchi che, memore dei trascorsi comuni, avrebbe voluto impiegarlo da ala.
Augusto si sente ormai un centrocampista centrale ed in quel ruolo Sacchi ed il Parma hanno deciso di puntare su Bortolazzi, in arrivo dal Milan.

Gabriele, Parma

La cessione è inevitabile ed il regista finisce in Sicilia, al Palermo.
La società rosanero è però radiata a causa di debiti prima che inizi il campionato (B).
Il Parma lo offre al Campobasso, ma i molisani si tirano indietro all’ultimo istante.
Dopo alcuni mesi di inattività per Gabriele si fa avanti la Lucchese, che lo mette sotto contratto.
Per un biennio il regista regge con bravura il centrocampo dei toscani, in combutta con il suo corregionale Mario Donatelli.

Poi passa alla Reggiana, dove ritrova Marchioro e vince un altro torneo di C1, tornando a militare in serie cadetta.

Reggiana

Una buona stagione, sia personale che di squadra, prima del trasferimento -in terza serie-al glorioso Lanerossi Vicenza, dove va a completare un reparto di metà campo di tutto rispetto insieme a Di Carlo, Camolese, Marchetti, Butti, Scapolo.
Caramanno è il tecnico dei veneti, sostituito in corsa da Pasinato.
Il decimo posto finale è deludente, quantomeno in relazione alle aspettative ed alla forza del team.
Un anno più tardi, con Ulivieri in panca, il Vicenza sfiora la promozione.
La centra nella stagione seguente, per fortuna.

Augusto Gabriele, Vicenza

Un alterco con suo allenatore -l’ennesimo- chiude ad Augusto Gabriele le porte del ritorno in serie B.
Da fuori rosa, si allena in solitaria a Francavilla.
Pensa di smettere, a soli trentuno anni d’età.
Poi gli arriva una proposta dal Giarre (C1), in Sicilia.
Il calciatore è titubante, ma la moglie -che gli darà una figlia e gli trasmetterà una stabilità emotiva fondamentale per un fumantino come lui- lo convince ad accettare e non interrompere il suo percorso da atleta.
Il Giarre è una buona squadra, che dovrebbe lottare per la promozione: ma incappa in una annata negativa, complice una irreparabile crisi societaria che porterà al fallimento.
Tra Augusto Gabriele e la Sicilia non è proprio destino, ecco.
In vacanza, al massimo.

Il centrocampista ritorna quindi in Abruzzo, alla Vastese (C2).
Una buona annata, poi pure la Vastese incappa nel fallimento societario.
Una vera e propria maledizione!

Il suo allenatore, Petrelli, passa all’Avezzano e porta Gabriele con sé.
In coppia vincono il campionato di C2. poi passano all’Ancona (Petrelli in estate, mentre Gabriele firma a novembre), dove arriva un’altra promozione, anche se il tecnico viene presto esonerato.

Augusto si accorda quindi col Chieti, ancora C2.
Salvezza risicata ottenuta prima del trasferimento a Teramo, dove chiude la carriera tra i professionisti con un torneo di metà classifica.


Oramai, a trentasette anni suonati, Gabriele si è specializzato nel ruolo di chioccia-leader-uomo spogliatoio in compagini della zona adriatica.
Fisicamente si sente a posto e decide di continuare, con le medesime mansioni, tra i dilettanti.

A Teramo ha incrociato gli scarpini con quel genialoide di Rocco Pagano, velocissima ala destra del Pescara di Galeone.
Il sodalizio tra le due vecchie glorie prosegue nei tornei minori, dapprima nell’Angolana e poi nell’Ortona, dove insieme vincono un campionato di Promozione.
Celano, Atri e Flacco Porto Pescara le altre tappe del viaggio di Gabriele, che appenderà gli scarpini al chiodo a ben 43 anni, per qualche infortunio di troppo patito negli ultimi tempi.
Pagano, invece, si spingerà quasi sino al mezzo secolo.


Augusto Gabriele è stato un calciatore di livello, ben oltre la soglia di quella serie C che ha finito per definirne i contorni della sua parabola sportiva.
Ha vinto parecchi campionati, a dimostrazione di una mentalità vincente.
Ha giocato sino ad oltre quarant’anni, evidenziando un’ottima tenuta fisica.
Professionista inappuntabile in campo, da giovane ha avuto troppa discontinuità fuori dal terreno di gioco, sprecando la possibilità di ambire a platee di ben altra levatura rispetto a quelle, seppur importanti, ove ha militato.
Regista vecchia scuola, in grado di avanzare sino alla trequarti e dispensare assist, oltre a concludere a rete: è stato una sorta di Pirlo ante litteram, facendo ovviamente le debite proporzioni.
Testa alta, ottime geometrie, grande senso della posizione.
Tecnica sopraffina e calcio pulito, secco, preciso.
Un destro che è un compasso, abile a disegnare trame di gioco ed inventare spazi pure dove apparentemente non ve ne sarebbero affatto.
Ottimo rigorista, buon tiratore da fermo, esemplare dal punto di vista tattico e della correttezza sul prato verde.
Elegante, resistente, discreto anche in fase di interdizione, ottimo dribblatore nel breve.
Un centrocampista che dalla serie A, dalla Under 21 e dalla prospettiva di passare alla Juventus si è ritrovato in breve a calcare campi di provincia.
Una sliding door che, molto probabilmente, gli ha tagliato definitivamente le gambe verso la gloria.

Augusto Gabriele, oggi

Mi sarebbe piaciuto tantissimo poter giocare insieme al mio idolo, Platini.
Avrei dovuto dimostrare di essere all’altezza, certo.
Ma molto probabilmente la mia carriera avrebbe preso tutta un’altra piega, nella Juventus.
Sono contento di quello che ho fatto, però.
Ho guadagnato ogni singolo apprezzamento da solo, con impegno e sacrificio.
Nessuno mi ha regalato niente.
E l’affetto delle tifoserie dove ho avuto il piacere di esibirmi mi ripaga ampiamente di qualche piccolo rimpianto
.”

Un uomo intelligente, pronto alla battuta, schietto.

Chiusa l’epopea agonistica si dedica all’allenamento ed alla crescita dei giovani ed incontra Sacchi, dopo tanti anni, che gli tira le orecchie in ricordo dei bei tempi andati e di quello che Augusto avrebbe potuto dare al calcio italiano, se avesse avuto un pizzico di forma mentis in più, da giovane.
Il talento più forte che ho avuto alle mie dipendenze“, lo ha definito.
E vi pare poco?


Chi ha amato gli anni 80 lo ricorderà bene, ne sono sicuro.

Augusto Gabriele: il prediletto.

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