• Il pilastro

Claudio Gentile

Qualcuno lo chiama Gheddafi, in omaggio ai suoi natali libici.
Qualcun altro lo ricorda come Gento, il soprannome che gli diedero i compagni e che, ricalcando il suo cognome, riporta alla memoria uno dei più grandi campioni della Storia del Calcio.
Tutti, ma proprio tutti, hanno invece impresse nella mente e nel cuore le immagini del trionfo Mondiale del 1982, in Spagna, dove il nostro disputo un torneo straordinario, entrando a pieno titolo nel novero dei migliori difensori italiani di sempre.


Claudio Gentile, feroce mastino azzurro, nasce a Tripoli, in Libia, nel 1953.
La sua famiglia ha lasciato da poco l’Italia e si è trasferita lì per lavoro, nel settore della ristorazione.
Lui è ancora giovanissimo allorquando inizia ad inseguire un pallone, nelle polverose stradine della capitale libica.
Le sfide tra locali ed “stranieri” sono all’ultimo sangue e prive di quello spirito d’imitazione che caratterizza i giovani odierni: niente Messi o Ronaldo o, per meglio dire, Pelè.
La televisione è un optional e si gioca a calcio, spesso scalzi, per divertimento ed orgoglio.
Claudio forgia il suo carattere e modella il proprio fisico.
Impara a reagire alle provocazioni con grinta e determinazione e se c’è da menare non si tira indietro, tutt’altro.
Pian piano sta nascendo quel feroce marcatore che anni dopo si consegnerà alla gloria, mettendo la museruola ad autentici fuoriclasse quali Maradona e Zico.


Ma procediamo per gradi.
Agli inizi degli anni sessanta la famiglia Gentile, originaria del siracusano, decide di prendere armi e bagagli e ritornare nella penisola.
Il clima nella zona nordafricana inizia a surriscaldarsi più del solito e tira una brutta aria per coloro che si trovano in Libia da forestieri.
Motivi di ordine professionale spingono il nucleo verso il nord Italia e precisamente nel comasco, a Brunate.
Posti stupendi, che però il piccolo Claudio dimostra di apprezzare in particolar modo a livello sportivo, piuttosto che per gli adorabili scenari naturali.
Campi di calcio curati ed allenatori preparati: si inizia a fare sul serio, rispetto al passato.
A soli otto anni Gentile entra nel settore giovanile del Maslianico, mettendosi in mostra come uno dei prospetti più interessanti della sua classe.
Quattordicenne, arriva per lui un’offerta del Como: sembra fatta, poi subentrano varie incomprensioni di carattere economico tra le società.
Ne approfitta il Varese, rapidissimo ad inserirsi nella trattativa ed acquisire il cartellino del ragazzo.
I lombardi gli fanno svolgere tutta la trafila nel settore giovanile, salvo accorgersi che Claudio Gentile non è, secondo loro, all’altezza di palcoscenici importanti.
Alcuni suoi compagni passano difatti in prima squadra, mentre per lui non si trova altro che un prestito in serie D, all’Arona.

Una delusione atroce, per un diciottenne speranzoso di conquistare un posto al sole.
Giusto il tempo di smaltirla, poiché Claudio non è tipo da abbattersi dinanzi alle prime difficoltà.
Con l’Arona il difensore -questo è il suo ruolo- disputa un ottimo torneo, da titolare, mettendo a segno anche alcune reti.
Il Varese, retrocesso dalla massima serie, rispedisce al mittente una offerta del Cagliari ed opta per il ritorno alla base del giocatore che, contro ogni aspettativa, non soffre affatto il salto di categoria e si disimpegna alla grande pure nel torneo cadetto.
I dirigenti lombardi non sono però convinti sino in fondo delle sue doti, reputandolo piuttosto grezzo ed alquanto irruento, e lo mettono quindi in vendita.

Varese

Claudio Gentile viene cercato da società importanti quali Torino, Bologna, Fiorentina.
A sorpresa se lo aggiudica nientepopodimeno che la Juventus, nell’ottica di sostituire il poliedrico Salvadore, ormai prossimo al ritiro.

Infatti Claudio, bianconero sin da bambino, è in grado di disimpegnarsi sia come terzino destro che, all’occorrenza, da difensore centrale e da mediano.
La sua polivalenza e la notevole grinta che mette sul terreno di gioco gli valgono le attenzioni della Vecchia Signora e la pesante maglia che il ragazzo indossa sin da subito con estrema disinvoltura.

La presenza in rosa del succitato Salvadore, di Longobucco, di Marchetti, di Cuccureddu e di Spinosi riducono le possibilità di impiego, invero.
Gentile parte come riserva di Furino, in mediana.
Man mano conquista spazio e fiducia, giocando anche un ottimo derby in marcatura sullo sgusciante Claudio Sala e, soprattutto, la finale di Coppa Intercontinentale contro gli argentini dell’ Independiente, vittoriosi per una rete a zero.
Dalla stagione successiva si impone come titolare e per dieci anni resta tale, inamovibilmente.

Un autentico mastino, che azzanna le caviglie dei suoi avversari e li francobolla come se non vi fosse un domani.
Vycpálek e Parola gli danno fiducia, mentre con Trapattoni diventa una colonna di quella Juve che inanella successi a profusione.
In undici anni Claudio Gentile vince sei Scudetti (1975, 1977, 1978, 1981, 1982, 1984), due Coppe Italia (1979, 1983), una Coppa Uefa (1977), una Coppa delle Coppe (1984).

Claudio Gentile, Juventus

Una colonna della squadra bianconera che in quegli anni fornisce la spina dorsale di quella Nazionale destinata ad entrare nel Mito.

Perché il buon Claudio Gentile, dopo un fugace passaggio nella Under 23, conquista la maglia azzurra sin dai suoi esordi in massima serie.
Ancora una volta una sorta di pregiudizio tende ad accompagnarlo, con parecchi addetti ai lavori che pronosticano per lui un effimero momento di letizia.
Invece Claudio smentisce tutti e per una decina d’anni domina la scena, disputando con la Nazionale dapprima il Mondiale del 1978, in Argentina, dove è tra i protagonisti della kermesse in cui l’Italia chiude al quarto posto e con parecchi rimpianti.
All’Europeo del 1980, giocato in casa, gli azzurri sono nuovamente ai piedi del podio, con Gentile che si impone come uno dei migliori difensori della manifestazione.

L’apogeo è però ai Mondiali in Spagna, nel 1982.
Il gruppo del C.T. Enzo Bearzot inizia a rilento: poi ingrana la marcia giusta e va a trionfare in modo indimenticabile nella finale di Madrid, contro la Germania Ovest di Breitner, Karl-Heinz Rummenigge, Toni Schumacher, Stielike, Briegel.
Nella penisola iberica Claudio Gentile è semplicemente super: annulla fuoriclasse quali Maradona e Zico, mette la museruola ad altri campioni come Littbarski e Lato e diventa a tutti gli effetti una icona di forza e determinazione.

La maglia di Zico, letteralmente disintegrata, e le sofferenze di Maradona, asfissiato dalla spietata marcatura di Claudio, restano nella memoria collettiva come esempio di devozione alla causa e di magnificenza del ruolo.

Gentile, Campione del Mondo 1982

Claudio Gentile è un terzino destro moderno, tra i migliori di sempre.
Inappuntabile in fase difensiva, segue l’uomo e, nel contempo, sale in avanti quando l’azione lo consente.
Possiede atletismo, ha carattere, mantiene sempre alta la soglia di concentrazione.
Duro e con la fama di brutale, ma invero abbastanza corretto: una sola espulsione in carriera, peraltro per doppia ammonizione.
Per onestà va detto che regole del tempo, di certo più “morbide” rispetto a quelle odierne, gli facilitano il compito.
Insieme a Zoff, Scirea e Cabrini compone una delle dighe difensive più forti della storia del calcio italiano.
E non soltanto a parer mio, eh.
Oltre che da laterale destro se la cava bene anche a sinistra e, se necessario, pure da mediano con compiti prettamente di copertura e da libero, come nel finale di carriera.
Inoltre, a prescindere dalla teorica posizione nello scacchiere tattico e come si è ampiamente intuito, è bravissimo nel contenere -quando non annullare– il fantasista avversario, l’uomo più pericoloso, colui che inventa il gioco ed agisce tra le linee nemiche, scompaginando i piani tattici e portando lo scompiglio nelle retrovie.
Lui, Claudio Gentile, risolve la pratica definitivamente.
Oggi sarebbe un ideale “braccetto” della difesa a tre, oppure un ottimo terzino destro di uno schieramento a quattro e/o un affidabile mediano di rottura e contenimento.
Un calciatore completo, serio, determinato.
Uno di quelli in grado di essere leader silenziosi nello spogliatoio, dando l’esempio in campo.
Uno di quelli che contribuiscono ai successi della propria squadra, con umiltà e risolutezza.
Uno di quelli che fanno la differenza, insomma.


Campione del Mondo e con una bacheca di rango, Gentile chiude con la Juventus e con la Nazionale (oltre settanta gettoni di presenza) a trentuno anni d’età, alla ricerca di nuove esperienze e di un ingaggio che gli consenta di monetizzare i suoi ultimi scampi di carriera.

Le offerte non gli mancano di certo.
Oltre a vari sondaggi dall’estero, riceve alcune interessanti proposte dallo Stivale.
La migliore, sia dal punto di vista economico che da quello sportivo, giunge da Firenze.
La Fiorentina di De Sisti, che bazzica le zone alte della classifica, punta al vertice ed ingaggia l’ex juventino.
Squadra solida a con discreta qualità.
Manca un fuoriclasse alla Platini, volendo fare un paragone col passato recente di Claudio Gentile.
Però il forte libero argentino Passarella, i Campioni del Mondo Antognoni, Oriali e Massaro, l’estroso brasiliano Socrates, il geometrico centrocampista Pecci ed il bravo portiere Galli compongono l’ossatura di una squadra che con l’arrivo di Gentile -inizialmente contestato dalla tifoseria a causa dei suoi trascorsi bianconeri- punta a rafforzare ulteriormente la propria posizione nel torneo tricolore.

Gentile, Fiorentina

L’assenza forzata del capitano Antognoni, fuori causa per tutta l’annata a causa di un grave infortunio, priva la compagine gigliata del proprio leader, finendo per delegittimare anche la posizione del tecnico De Sisti -che inoltre accusa seri problemi di salute-, già traballante dopo poche giornate, e favorendo la nomina al suo posto dell’ex C.T. della Nazionale, Valcareggi.
Tutto inutile: il cambio non sortisce gli effetti sperati e la Fiorentina arriva nona, nonostante l’ottima performance del bomber Monelli, tredici centri in stagione.
In Coppa Italia è la Samp, in semifinale, a stoppare la corsa dei toscani.
In Coppa Uefa i belgi dell’Anderlecht di Arnesen, Scifo e Vandenbergh eliminano i viola al secondo turno.

L’anno dopo è Agroppi ad occupare la panca gigliata.
La Fiore mette le mani sul promettentissimo Roberto Baggio (che però è out per tutta la stagione, per infortunio) ed opera intelligentemente sul mercato, chiudendo al quarto posto in classifica.
Claudio Gentile non è più titolare fisso: la società vuole svecchiare la rosa ed Agroppi lo utilizza a spizzichi e bocconi.
Dodici mesi dopo le cose migliorano leggermente a livello personale, col nuovo allenatore Bersellini che però non riesce ad ottenere risultati di rilievo.


Al termine del contratto triennale firmato con i toscani Claudio Gentile si ritrova svincolato.
Apre una società di leasing e si allena con i disoccupati del calcio.
Cerca un progetto che non lo allontani troppo da casa (Como) e nel calciomercato invernale si accorda col Piacenza – serie B-, lasciando la massima serie dopo oltre trecentocinquanta gare giocate.
In Emilia l’ex Nazionale contribuisce alla salvezza dei suoi, quindi annuncia l’addio al calcio giocato ed inizia l’attività di dirigente.
Riorganizza il settore giovanile della Juventus, poi è Direttore Generale al Lecco prima di entrare nei quadri della Federazione Italiana come allenatore.
Inizialmente fa da vice al Trap, per la Nazionale maggiore.
Successivamente va a sostituire l’amico Tardelli, prendendo possesso della panchina della Under 21 con la quale ottiene discreti risultati: in primis la vittoria dell’Europeo di categoria nel 2004, oltre alla medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Atene, nello stesso anno.

Movimenti politici portano infine al suo allontanamento dalla FIGC, nel 2006.

Gentile, Italia

Da lì a breve lo cerca la Juve e lo sonda la Nazionale della Libia.
Lui, devoto ad alcune promesse fatte dalla Federazione, nicchia: la questione finisce in mano agli avvocati, mentre i giornali per anni continuano a raccontare delle sue lamentele a riguardo.

Nel 2014 il Sion, campionato svizzero, gli propone un biennale.
Claudio Gentile accetta, prima di cambiare idea e defilarsi.
Alla fine della fiera non allena più e vive il pallone da appassionato e, in contesti “tranquilli”, da commentatore occasionale.


Personaggio particolare, icona di un calcio rustico e meraviglioso.
E, tocca ripetersi, legato alla memoria collettiva di un trionfo epocale, con Maradona e Zico costretti, loro malgrado, ad inchinarsi dinanzi a questo difensore d’altri tempi caparbio, roccioso e nerboruto.

Tra i preferiti di sempre: uno di quei calciatori che costituiscono le fondamenta di una squadra vincente.

Claudio Gentile: il pilatro.

V74

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