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Davie Cooper

Era un altro Calcio.
La premessa è d’obbligo.

Quando David Cooper -detto Davie o Coop– dava spettacolo sul manto verde di gioco, beh, lo sport più bello del pianeta aveva un altro fascino.
Soldi e corruzione non mancavano di certo, ci mancherebbe.
Però vi era anche tanto, ma tanto altro che oggi, pur con tutto l’amore del mondo, non c’è più.

Uno dei migliori calciatori nella storia del soccer scozzese, Davie.
Un elemento che sapeva abbinare quantità e qualità e che, purtroppo, è venuto a mancare proprio agli inizi di una promettente carriera di allenatore.
Chissà quanto avrebbe potuto trasmettere ai più giovani uno come lui, partito dal basso ed arrivato in alto soltanto con le proprie forze, senza dover mai chiedere niente a nessuno.

Io lo ricordo tra i partecipanti al mio adorato e mitico Mondiale del 1986, in Messico.


David Cooper nasce nel sud della Scozia nel 1956.
Vive una infanzia tutto sommato tranquilla ed a sedici anni d’età inizia a fare praticantato in una tipografia, mentre prosegue gli studi di base e si diverte giocando a calcio nell’Udston United -piccolo club di proprietà di amici della famiglia Cooper- seguendo i Rangers di Glasgow, di cui è accanito tifoso insieme al padre John, operario siderurgico ed ex calciatore amatoriale.
Sua madre Jean lavora in un bar e si occupa di David e del fratello maggiore John.
I datori di lavoro di Davie, oltre ad alcune grandi tipografie, gestiscono anche una importante scuola calcio e l’ultimo arrivato della famiglia Cooper è il fiore all’occhiello della scuderia.
Difatti nella suddetta “Hamilton Avondale” il ragazzino regala spettacolo e nel successivo biennio il piccolo campetto locale si riempie di appassionati che si godono le giocate del gioiellino e di addetti ai lavori che iniziano a corteggiare quel prospetto impregnato di talento e grinta.

Perché alla soglia della maggiore età Davie Cooper è giocatore vero, pronto a lanciarsi in sfide di ben altra levatura rispetto a quelle vissute sino a quel momento.

Nonostante alcune offerte importanti provenienti da prima e seconda serie scozzese e da diverse compagini inglesi, Davie opta per il trasferimento al Clydebank, terza serie del paese.
Una scelta strana, apparentemente poco ambiziosa.

Davie Cooper - Clydebank

In realtà Cooper vuole continuare il suo percorso di crescita sportiva e umana e ha desiderio di capire se è pronto ad affrontare il professionismo da atleta maturo e consapevole.
Chi gli sta intorno non ha alcun dubbio, a riguardo.
Lui pure, ma vuole esserne certo sino in fondo ed attende la controprova.

Jack Steedman, dirigente del Clydebank e vecchia volpe dei campacci di periferia, è convinto di aver concluso un affarone.
Ed ha ragione.
Ha maledettamente ragione.


Lo dirà il tempo, certo, ma lo si intuisce sin da subito.
Allorquando Davie stringe i denti e lotta per il suo sogno di calciatore professionista, ottenendo risultati migliori rispetto a quelli del fratello John, il quale tenta l’avventura nel calcio inglese ma patisce la nostalgia di casa e le difficoltà di un torneo estremamente competitivo, finendo per tornare in patria ed accontentarsi di giocare in società di scarso blasone.

Il Clydebank sfiora la promozione in First Division (la cadetteria scozzese), finendo settimo nell’anno in cui le prime sei compagini hanno accesso alla serie superiore, a causa della riorganizzazione dei campionati della nazione.
Dodici mesi più tardi i biancorossi non falliscono l’obiettivo, dominando il torneo e sbarcando quindi in seconda serie.
Davie Cooper è protagonista assoluto nel trionfo dei suoi, con 13 reti ed una spaventosa continuità di rendimento che gli vale una ricca proposta da parte dell’Aston Villa, peraltro prontamente rispedita al mittente.

Nella stagione successiva la squadra riesce nel doppio salto sbarcando nella massima divisione nazionale grazie al secondo posto in classifica, ottenuto alle spalle del St Mirren guidato da un allora giovane Alex Ferguson.

Nella Coppa di Scozia, nello stesso anno, ai Rangers servono ben quattro gare per avere la meglio sul Clydebank.
Cooper gioca da Dio e dopo le gare torna a casa dalla sua famiglia anziché, come tutti i suoi compagni, recarsi nella discoteca di grido che ha da poco aperto i battenti a poca distanza dallo stadio.
Serio, posato e, soprattutto, forte.
Calcisticamente e mentalmente forte, per davvero.

Ormai Davie Cooper ha raggiunto il calcio che conta ed è pronto per il grande salto in una società di livello.
Lo cercano in tanti e l’asta è veramente notevole: a spuntarla sono proprio i succitati Rangers di Glasgow.

Club blasonato e squadra che Davie tifa sin da piccolino.
Un sogno che si trasforma in realtà.

Davie Cooper - Rangers Glasgow

Ad Ibrox Park il buon Cooper mette le tende e si esibisce per ben dodici stagioni, diventando un perno di quei Rangers che vanno a vincere tre campionati (1977-78, 1986-87, 1988-89), altrettante Coppe di Scozia (1978, 1979, 1981) e ben sette Coppe di Lega (1978, 1979, 1982, 1984, 1985, 1987, 1988).

Lui colleziona premi individuali, diventa un idolo della folla dei The Teddy Bears (Gli Orsacchiotti) e conquista la maglia della Nazionale Scozzese, dopo aver militato per alcuni mesi nella rappresentativa Under 21 del paese.

Non è tutto oro quello che luccica, ad onor del vero.
Cooper vive pure alcuni periodi non esaltanti, a Glasgow.
I rapporti con gli allenatori che negli anni si succedono sulla panchina del club non sempre sono idilliaci.

Davie è un ragazzo generoso ed un professionista esemplare.
Si allena con una serietà maniacale e rispetta compagni, staff tecnico, dirigenza ed avversari.
Ma è un tipo particolare, che necessita dei suoi spazi e dei suoi tempi.
Non ama “sfogarsi” con la stampa e non vuole coinvolgere altre componenti nei suoi malesseri.
Il rapporto altalenante con sua moglie Christine, incontrata a metà anni settanta tramite una conoscenza comune col fratello John e poi sposata un lustro più tardi, vacilla paurosamente nonostante l’amore reciproco non manchi di certo.
Caratteri forti e lunatici, un mix devastante: nel bene e nel male.


Davie Cooper, in campo, è un autentico Top.
Ala sinistra classica, di quelle old style, sa trasformarsi all’occorrenza in giocatore totale.
Dalla trequarti in avanti può fare praticamente tutto, dimostrandosi elemento imprescindibile per la sua squadra.
Fantasioso ed elegante, Cooper ha uno stile di gioco decisamente imprevedibile e, nel contempo, di sicura efficacia.
Salta l’uomo con facilità irrisoria e dribbla chiunque gli si pari dinanzi, dando vita a spettacolari slalom che manco Alberto Tomba ai tempi d’oro.
Ha un solo piede, il sinistro.
Ma lo usa divinamente.
Veloce e dinamico come pochi altri, calcia con forza e precisione, anche da fermo, e sforna assist a profusione.
Alcune sue reti sono ritenute tra le prodezze balistiche più belle della storia del calcio scozzese e non soltanto.
E lui stesso è ai primissimi posti delle graduatorie stilate da tifosi ed addetti ai lavori allorquando si discorre dei numeri 1 di sempre, del suo paese di appartenenza.
Qualcuno, invero, fa notare che con quel talento e con le doti fisiche e tecniche a disposizione Davie avrebbe potuto scalare ulteriori posizioni al vertice del calcio mondiale.
Beh, sicuramente Cooper aveva la tendenza ad estraniarsi dal gioco, in alcune fasi di gara.
D’altronde diciamocelo senza ipocrisie di sorta: nessun calciatore, tranne che si parli di un Maradona a caso, può dominare la scena 24H24.
Ma se la partita à importante, una delle poche certezze è che Davie Cooper sarà decisivo per portarla a casa.
Lo dice la sua carriera e lo conferma la sensazione di chi ha avuto la fortuna di osservarne le gesta.
Non poco, direi.
Tutt’altro.

Cooper - Scotland

Cooper, come detto in precedenza, partecipa ai Campionati del Mondo del 1986.
La Scozia si ritrova in un girone di ferro insieme a Danimarca, Germania Ovest ed Uruguay.
Esordisce contro i danesi di Morten Olsen, Lerby, Arnesen ed Elkjær, con una rete di quest’ultimo che condanna gli uomini allenati da Alex Ferguson alla sconfitta, per 1-0.
Il match successivo vede la Germania Ovest di Schumacher, Matthaus e Littbarski imporsi contro i blu per 2-1, grazie alle reti di Voller e Allofs che rendono vana la realizzazione di Strachan, che aveva portato in vantaggio gli scozzesi.
Lo 0-0 con l’Uruguay di Francescoli è un inutile contentino che sancisce l’eliminazione dei nordici dal torneo.
Davie Cooper entra in campo, da subentrante, nelle ultime due gare.

Ad Italia 90 non è tra i convocati della Scozia, a causa di un infortunio patito poche settimane prima della kermesse intercontinentale.
La Scozia, guidata in panchina da Roxburgh, non è fortunata ed abbandona la penisola al primo turno dopo aver collezionato due sconfitte contro il Costa Rica di Coneyo e Cayasso (0-1) ed il Brasile di Careca e Jorginho (1-2), inframezzate dalla vittoria per 2-1 contro la Svezia di Brolin e Strömberg.

La storia tra Davie Cooper e la rappresentativa nazionale non è mai realmente decollata, in verità.
Parentesi belle, talvolta anche molto, ma senza riuscire ad esprimere una continuità adeguata al livello del calciatore in oggetto.
La Scozia, invero, non è un assortimento di fenomeni, eh.


Nel suo club, Davie inizia a perdere peso specifico con l’arrivo di Souness in panchina (e, in parte, in campo).
Lo cercano in molti: ma il tempo passa anche per lui ed alla fine, nel 1989, le opzioni di trasferimento non sono particolarmente allettanti.
Cooper vuole giocare e l’unica compagine che può garantirgli il posto è il Motherwell.
Souness lo libera in men che non si dica, confessando anni dopo di essersi pentito della scelta quando se lo è ritrovato davanti ed ha capito che il buon Davie era ancora un signor giocatore.
Lui, con classe pari a quella che mette sul manto verde, lascia Glasgow ringraziando società e tifosi: “Ho giocato per la squadra che amavo”.
Simple is beautiful (cit.), sì.

Motherwell

Il Motherwell bazzica le zone poco nobili della classifica, ma con Davie Cooper in rosa inizia a migliorare la sua situazione.
Nei quattro anni trascorsi con la nuova squadra riesce anche a vincere uno dei più importanti trofei nella storia della società: la Coppa di Scozia del 1991, sconfiggendo in finale il Dundee United per 4-3.

Cooper si riprende la scena e torna a sentirsi un giocatore vero fino a quando, nel dicembre del 1993, ritorna al Clydebank, disimpegnandosi per un altro paio di stagioni a far da chioccia ai meno esperti e, nel frattempo, a continuare il percorso di allenatore delle giovanili, iniziato già da qualche tempo.


Infine, alla soglia dei quaranta anni, appende le scarpe al chiodo e si tuffa nell’avventura di mister a tempo pieno.
Studia e si diletta a partecipare ad un progetto interessante, ovvero una scuola di allenatori che viene raccontata mediante una serie tv.
Nel marzo del 1995, proprio durante la registrazione di una puntata, Davie Cooper ha una emorragia celebrale e crolla a terra, inerme.
Trasportato d’urgenza in ospedale, non riprende mai conoscenza e spira poche ore dopo, giovanissimo.

Una tragedia immane, un terribile lutto che sconvolge chiunque lo abbia conosciuto.
I riconoscimenti postumi, i tributi e le commemorazioni in suo onore si sprecano e Davie continua ad essere presente nei cuori di tutti coloro che lo hanno amato, sia come calciatore che, ancor di più, come uomo.

Davie Cooper

Le parole di alcuni suoi compagni lo raccontano alla perfezione:
Davie era un brasiliano intrappolato nel corpo di uno scozzese” (Ray Wilkins).
Cooper è stato per me fonte di ispirazione ed è sicuramente uno dei migliori giocatori di calcio che abbia mai visto” (Ruud Gullit).
Davie adorava la Scozia ed i Rangers, altrimenti sarebbe potuto andare in Inghilterra e militare in uno qualsiasi dei grandi club. Non commetteva errori e sapeva giocare ovunque” (Graeme Souness).
Ho avuto la fortuna di giocare accanto a campioni quali Laudrup e Gascoigne, tra i tanti. Ma credetemi: Cooper era il più forte di tutti” (Ian Durrant).
Dio ha donato a Davie Cooper un talento incredibile e sono certo che non sarebbe rimasto deluso dal modo in cui lui lo ha utilizzato” (Walter Smith).

Davie Cooper: Coop.
Non uno qualsiasi.

V74

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