• L’Angelo Verde

Dominique Rocheteau

Calciatore iconico e talentuoso, in grado di far parlare di sé per le sue gesta in campo ma anche per il suo modo di intendere la vita al di là del terreno di gioco.
Ovviamente era lì, ai divini Campionati del Mondo del 1986, oltre ad essere stato presente in tutte le più importanti manifestazioni calcistiche in cui ha partecipato la sua Francia a quel tempo.
Perché Dominique Rocheteau è stato protagonista del calcio internazionale per quasi un ventennio.


Saintes, Francia sud-occidentale.
Il dipartimento è quello della Charente Marittima, nella regione della Nuova Aquitania.
Qui, in un freddo gennaio del 1955, nasce il buon Dominique Rocheteau.
Ad una quindicina d chilometri di distanza sorge Étaules, un piccolo e caratteristico villaggio noto per essere una delle patrie francesi delle raccolta delle ostriche.
La famiglia Rochetau si trasferisce in zona e lavora per l’appunto nel settore dell’ostricoltura.
Il piccolo Dominique cresce in un ambiente sano, basato su valori semplici e, nel contempo, molto profondi.
Suo padre e suo zio, oltre a dedicarsi all’attività della pesca, coltivano una passione smisurata per il calcio, divertendosi a giocare in alcune compagini dilettantistiche.
Sua madre e la sua sorella maggiore militano nella compagine femminile del luogo.
I suoi cuginetti maschi sono tutti iscritti nelle scuole calcio dei paesini limitrofi e lui non vuole essere certo da meno degli altri pargoli della famiglia.
Poco prima di compire dieci anni Dominique entra nelle giovanili dell’US Étaules, dove si mette in mostra con la sua velocità e col suo tocco di palla che sembra essere quello di un ventenne, piuttosto che di un ragazzino che ancora frequenta -e con ottimo profitto- le scuole elementari.
Il piccolo è sveglio, altroché, ed è veramente innamorato della sfera di cuoio.


Dopo un quadriennio di apprendistato, diciamo così, passa all’ES La Rochelle, una società dilettantistica che proprio in quegli anni, sfruttando la nuova strutturazione nazionale, si ritrova nella neonata Division 3, il terzo livello del sistema calcistico francese.
Un anno dopo, sorprendentemente, vince il proprio girone e sbarca in Division 2.
Per un po’ farà su e giù tra le due categorie, per poi sprofondare a lungo nelle serie minori.


Il futuro di Dominique Rocheteau sarà invece ben più roseo.
Difatti è ingaggiato, a sedici anni, dall’ASSE, alias Association Sportive de Saint-Étienne, che in quegli anni è un autentico colosso del calcio transalpino.
Il periodo è quello dell’avvicendamento tra Albert Batteux, ottimo tecnico che ha condotto i verdi alla conquista di ben quattro titoli nazionali e due Coppe di Francia, e Robert Herbin, storico capitano della squadra che, a fine carriera, decide di prendere le redini del team, subentrando allo stesso Batteux.
Herbin è un uomo di notevole intelligenza che si trasformerà presto in un allenatore vincente: studia il calcio italiano e quello olandese, ragiona sulla riorganizzazione tattica di una squadra che conosce a menadito avendola capitanata sino a qualche mese prima, riflette sulle caratteristiche caratteriali e tecniche dei suoi ex compagni e decide di dar fiducia ad alcuni giovani in rampa di lancio, in primis il promettente attaccante Dominique Rocheteau.

Dominique Rocheteau

Il padre di Dominque, il suo primo tifoso, ha le lacrime agli occhi.
Lui che ha sempre coinvolto il figlio nelle esperienze sportive, iniziandolo al calcio e trasmettendogli anche una grande passione per il ciclismo, con tante tappe del Tour de France viste dal vivo, soprattutto nella zona dei Pirenei.
L’ascesa del giovane inorgoglisce pure Pierre Garonnaire, capo degli osservatori dei verdi per oltre quarant’anni, che per primo ha intravisto in Dominque le doti del campione.
Lo scatto fulminante, il dribbling ubriacante, la finta imprevedibile.
Tanta passione, tanta tranquillità.
Garonnaire riconosce nel ragazzo tutte quelle caratteristiche che, solitamente, conducono verso la gloria.
E il suo intuito si rivelerà vincente.


Rocheteau viene convocato nella rappresentativa giovanile nazionale ed esordisce in prima serie nella stagione 1972-73, dopo una annata trascorsa nella Juniores (contratto da tirocinante, come da prassi dell’epoca, e rimborso spese di circa 100 franchi al mese), allenandosi spesso con la prima squadra.
Il Saint-Étienne chiude al quarto posto in graduatoria, poi vince i tre campionati successivi.
Nei primi due la punta aquitana gioca poco a causa di una marea di problematiche muscolari e di un infortunio traumatico al ginocchio, che ne mette a rischio la carriera.
Lui si deprime e pensa di tornarsene in famiglia a far commercio d’ostriche.
Poi stringe i denti, si rimette in forma e nel 1975-76 esplode definitivamente, segnando 11 reti in 22 gare, trascinando così i suoi compagni al terzo scudetto consecutivo.
Si mette in evidenza anche in Coppa dei Campioni, con un bel gol agli scozzesi del Glasgow Rangers e, soprattutto, con la rete del 3-0 che ai supplementari decide la sfida contro la Dinamo Kiev del Pallone d’Oro Oleg Blochin, completando una straordinaria rimonta ai danni della compagine dell’indimenticabile colonnello Lobanovskij ed entrando nel mito, con il calderone -lo stadio di casa da poco ristrutturato e che viene definito così per l’atmosfera che riesce a ricreare mediante i suoi spalti vicinissimi al terreno di gioco- che ribolle di gioia.
Dominique Rocheteau è esausto ed ha una coscia malandata per un paio di colpi subiti, col muscolo che pare non avere più manco la forza di muoversi: eppure, con grinta e generosità, riesce ad infiammare la sua gente e regala al suo popolo una insperata qualificazione alle semifinali, dove si ripete con un’altra realizzazione che contribuisce a far fuori gli olandesi del PSV di Eindhoven.
I francesi sono in finale della più prestigiosa competizione continentale.
A Glasgow l’avversario è il Bayern di Monaco, bi-campione in carica.
Non c’è due senza tre ed i tedeschi sono tosti e motivati.
Dominano la scena e subiscono un paio di decisioni arbitrali alquanto discutibili.
Poi i transalpini si svegliano e colpiscono due traverse.
Cinquantamila francesi caricano i propri beniamini, ma una gran punizione di Roth buca la barriera e trafigge il portiere Curkovic, dando il trofeo agli alemanni.
Mister Herbin sembra Mick Hucknall dei Simply Red ma, come detto, in realtà è un tecnico di spessore.
Ha fatto un gran bel lavoro ed il popolo verde glielo riconosce accompagnando con gratitudine il ritorno in patria della squadra che, nonostante la sconfitta, sfila trionfalmente lungo gli Champs-Élysées alla presenza del compiaciuto Presidente della Repubblica, Giscard d’Estaing.
E Dominique Rocheteau?
La stella del SE avrebbe potuto cambiare la storia.
Il condizionale è d’obbligo perché un infortunio lo tiene fuori dai giochi, purtroppo.
In verità Herbin lo inserisce negli ultimi minuti della sfida, ma è una presenza quasi forzata, forse più utile ad infondere fiducia nei compagni che nella reale convinzione di poter trovare una sua giocata che possa rimettere in parità le sorti della contesa.

Saint'Etienne

Nella stagione successiva il team della Loria paga la cocente delusione patita in Europa disputando un campionato al di sotto delle aspettative, riuscendo però a portare a casa una Coppa di Francia battendo per 2-1 in rimonta il Reims, in finale.
Le tre annate successive sono abbastanza altalenanti nonostante l’acquisto, nel 1978, del cannoniere Lacombe, che si fermerà in città solamente per una stagione.
I successivi ingaggi del fuoriclasse Platini, del forte connazionale Battiston e dell’olandese Rep rimetteranno l’ASSE in carreggiata e porteranno in bacheca un’altra Division 1, quella del 1981, che sarà l’ultima vittoria importante prima di una crollo finanziario che farà da apripista a lunghi anni di mediocrità.


Dominique Rocheteau non può fregiarsi di quest’ultimo titolo, però.
Nell’estate del 1980 accetta la corte serrata del PSG e si trasferisce a Parigi.
Lui, soprannominato dai suoi tifosi l’Angelo Verde in onore ai colori sociali del Saint’Etienne e al suo incedere maestoso e felino sul prato, decide di lasciare la compagnia.
Oltre duecento presenze col SE: tre volte in doppia cifra ed in una occasione ben 21gol (1978-79) in campionato, un autentico exploit.


Le ragioni dell’addio sono molteplici.
Dominique ha voglia di confrontarsi con una nuova realtà e non è insensibile al fascino della capitale.
Professionalmente parlando si sente pronto e maturo per una esperienza in una piazza difficile come quella parigina.
Herbin lo stima moltissimo come uomo e come calciatore, ma dal punto di vista tattico ci sono state alcune incomprensioni tra i due dopo gli acquisti di Platini e Rep e nell’ultima stagione il giocatore è stato pure redarguito dai suoi dirigenti per alcune prestazioni ritenute non all’altezza della propria fama.
Oltretutto l’ingombrante presenza dell’asso Platini tende a metterne in ombra la figura.
Il pubblico è al suo fianco, sempre e comunque, ma lui è con la testa già altrove.

Il Paris Saint-Germain di quegli anni è società giovane quanto ambiziosa.
Il presidente Borelli è intenzionato a rivoluzionare il suo attacco: il bomber argentino Bianchi ed il suo partner offensivo, il congolese M’Pelé, sono partiti l’anno prima, rimpiazzati dall’italo-francese Beltramini e dal senegalese Boubacar, elementi di valore che però non sono stati in grado di infiammare la piazza.

C’è bisogno di un nome di grido.
L’idea Lacombe viene presto accantonata, a causa dei costi elevati tra ingaggio e cartellino.
Dominique Rocheteau, in rotta con la sua dirigenza, diventa il nome più spendibile e, dopo una breve trattativa, arriva la fumata bianca.
A Parigi giocherà come punta centrale e l’idea lo stuzzica alquanto, soprattutto in previsione del Mondiale spagnolo del 1982.


Perché Dominique è già da un bel po’ una colonna della propria Nazionale.
Ha esordito giovanissimo, nel 1975.
La firma di Michel Hidalgo come Direttore Tecnico dei galletti è la ciliegina sulla torta, in quanto il preparato allenatore dei transalpini ha già adocchiato l’attaccante durante alcuni test delle selezioni giovanili.
In men che non si dica Dominique conquista il posto da titolare in una Nazionale che, dopo anni di buio, si appresta a diventare una delle squadre più forti del panorama internazionale.
In maglia blu Dominique Rocheteau riesce a stringere un buon rapporto con Platini e, unitamente ad altri ottimi giocatori, nasce una generazione di calciatori di forza, determinazione e talento, guidati da un tecnico valente e spinti da un popolo assetato di vittorie.


Nei Campionati del Mondo del 1978, in Argentina, Dominique Rocheteau ci arriva per miracolo.
Nessun dubbio di Hidalgo sulla sua convocazione, ma il ragazzo ha un animo nobile e sensibile e la situazione del paese sudamericano lo invoglierebbe a rinunciare alla kermesse.
Un pizzico di diplomazia e la promessa di aiuti umanitari in loco lo convincono a partire.
La Francia si ritrova in un girone di ferro insieme ad i padroni di casa, all’Italia di Bearzot e all’Ungheria.
Rocheteau non gioca con l’Italia (2-1 per noi), mentre è in campo contro l’Argentina, che vince con identico punteggio della gara precedente.
Il 3-1 con cui i nostri cugini sconfiggono l’Ungheria si rivela inutile ai fini della loro -mancata- qualificazione, con Dominique che gioca dal primo minuto e segna la terza rete dei suoi.


Agli Europei del 1980 la Francia non è tra le qualificate alla fase finale, mentre per i Campionati del Mondo in Spagna (1982) è addirittura nel lotto delle favorite.
D’altronde non potrebbe essere altrimenti, con a disposizione gente come Platini, Tigana, Lacombe, Bossis, Giresse, Genghini, Battiston, Amoros e lo stesso Rocheteau.
Nel girone di qualificazione l’inizio è scioccante: l’Inghilterra s’impone sui galletti per 3-1.
Questi ultimi reagiscono con il 4-1 inflitto al Kuwait ed il fondamentale pareggio per 1-1 con la Cecoslovacchia, che consente ai ragazzi di Hidalgo di passare il turno.
Nel successivo gironcino di qualificazione ecco un primo posto ottenuto con estrema nonchalance (battute Austria ed Irlanda del Nord) che spalanca ai blues le porte delle semifinali.
La Notte di Siviglia, con la Germania Ovest che elimina i francesi ai rigori, resta nella memoria collettiva come uno degli incontri più intensi della Storia del Calcio, oltre che per il cruento scontro tra Schumacher e Battiston.
Dominique Rocheteau mette a segno una doppietta contro l’Irlanda del Nord e disputa un torneo discreto, con la Francia che chiude al quarto posto dopo aver perso la finale di consolazione contro la Polonia.


Nel frattempo il nostro ha concluso la prima stagione al PSG con un onorevole quinto posto, sfiorando la qualificazione in Coppa Uefa e segnando 16 reti in 37 presenze.
Agisce da centravanti puro e migliora la media anche dodici mesi più tardi -pur giocando meno a causa di un paio di infortuni-, timbrando il cartellino dieci volte in ventidue match.
Rocheteau porta a casa pure la Coppa di Francia del 1982, segnando la rete che all’ultimo minuto dei supplementari consente al PSG di raggiungere il Saint’Etienne -sì, proprio la sua ex squadra- sul 2-2.
Ai rigori Dominique non si fa prendere dall’emozione e festeggia il suo primo trofeo parigino.
Che bissa un anno dopo sconfiggendo il Nantes nell’ultimo atto, per 3-2.
In campionato il PSG è terzo.
Dodici mesi più tardi è invece quarto.
Nelle coppe europee giungono due eliminazioni consecutive: dapprima ai quarti di finale con i belgi del Waterschei Thor dello scatenato islandese Guðmundsson, poi agli ottavi contro la Juventus di Michel Platini.


Dominique Rocheteau, da centravanti, segna abbastanza e fa ampiamente il suo.
Agli Europei di casa del 1984 non è titolare e gioca poco, ma contribuisce al trionfo dei galletti.
Un risultato importantissimo, storico.


Il PSG festeggia il successo della Nazionale per diversi mesi, disputando una stagione a dir poco mediocre.
Poi, grazie alle reti di Rocheteau (19) ed alle prodezze del talento jugoslavo Susic, va a vincere il primo campionato della propria storia.
Per Dominique un’altra soddisfazione immensa.

 PSG

A Parigi è un giocatore diverso da quello che si era inizialmente messo in mostra nel Saint’Etienne.
Dominique Rocheteau nasce come ala destra, scattante ed imprevedibile.
Con le sue finte ubriacanti manda al manicomio gli avversari e procura parecchi assist ai compagni.
Svaria su tutto il fronte offensivo, punta l’uomo e lo salta con facilità, andando spesso alla conclusione.
Segna parecchio e determina ancor di più.
Nel PSG si trasforma in centravanti di manovra, acquisendo un peso maggiore al centro dell’attacco ma non rinunciando ad allargare il più possibile il suo raggio d’azione.
La maturazione fisica e tattica lo rende meno leggiadro e fluttuante e più concreto e risolutivo.
La sensazione è che si muova sempre molto, ma che abbia imparato a farlo con maggiore efficacia.
Un lavoro d’astuzia e di esperienza che mette a frutto per la squadra e del quale beneficiano in primis i suoi partner d’attacco.
Dispone di un’ottima tecnica e vede bene il gioco negli spazi ristretti della trequarti, quando agisce tra le righe, perché -in particolar modo in Nazionale- se la cava bene pure lì.
Esibisce un tiro potente e preciso, soprattutto di destro.
Buon rigorista, discreto tiratore di calci da fermo, col suo quasi metro ed ottanta di altezza è bravo anche di testa e nel far sponda per i suoi compagni.
Non è un leader naturale, eppure riscuote stima ed incute rispetto.
Ha stile, cultura, fascino.
Piace alle donne, col suo capello ribelle e col fisico sinuoso.
Piace agli uomini, con la sua personalità multiforme e con la sua eleganza naturale.
Legge poesie, studia la filosofia, si appassiona alla politica.
Un anticonformista, ribelle ed allo stesso tempo pacato.
Difficile da inquadrare con precisione, quindi estremamente intrigante.
Nello stereotipato mondo del Calcio appare davvero come una piacevole anomalia.


Uno che dopo gli allenamenti se ne va col suo Maggiolino sulla riva del fiume, lo parcheggia e si distende all’ombra a rilassarsi ed a leggere autori classici e filosofi greci.
Uno che ascolta musica (seria, ndr) e che colleziona vinili per gusto e passione.
Uno che ha idee politiche (di sinistra) e che ama confrontarsi con chi ne possiede altre di ben diversa matrice.
Uno che odia ostentare -nonostante potrebbe ampiamente permetterselo- e che vive la sua professione con estrema dedizione.
Uno che preferisce nascondersi in un ambiente ove l’apparire è quasi un obbligo.
Uno che nel 1986 riesce a vincere la Division 1 pure a Parigi -prima volta nella storia del club- da assoluto protagonista, con una ventina di gol ed una annata semplicemente da incorniciare, per continuità di rendimento e soddisfazioni personali.


Il Mondiale in Messico del 1986 sarebbe l’occasione per Dominque e la sua Francia di riscattare lo sfortunato torneo spagnolo del 1982.
Ma ancora una volta sono i tedeschi a frapporsi tra i sogni dei francesi e la gloria.
Difatti dopo aver superato abbastanza agevolmente il primo turno i galletti di Henry Michel, subentrato a Hidalgo dopo il trionfo all’Europeo del 1984, fanno fuori l’Italia di Bearzot agli ottavi (2-0) ed eliminano i favoriti brasiliani ai rigori, nei quarti, salvo poi arrendersi ai soliti panzer teutonici in semifinale (0-2) e superare per 4-2 ai supplementari il Belgio di Ceulemans, Gerets e Pfaff nella finalina per chiudere il podio.
Dominique Rocheteau non entra in campo contro i tedeschi a causa di un leggero infortunio.
Gioca però le partite precedenti, fornisce ben quattro assist e segna una rete agli ungheresi, nell’ultima gara del girone iniziale.
Al ritorno in patria, con una quindicina di gol in una cinquantina di gettoni a corredo, chiude la sua avventura in Nazionale e si concentra sul PSG.


A Parigi il recente trionfo in campionato invoglia il presidente Borelli ad investire pesantemente sul mercato, in vista della Coppa dei Campioni, mettendo a disposizione del tecnico Houllier un attacco fantasmagorico dove oltre al capocannoniere della stagione precedente, il senegalese Bocandé (23 gol) prelevato dal Metz, trovano spazio per l’appunto il suo vice Rocheteau (19) ed il vice del vice, lo jugoslavo Halilhodžić (18), ingaggiato dal Nantes.
Completano il reparto lo sgusciante Xuereb, acquistato dal Lens, e l’altro senegalese Simba, preso dal Versailles.
Dietro di loro Safet Susic, ad ispirare.
Con un simile reparto offensivo tutte le difese avversarie dovrebbero sudare freddo.
Invece le cose vanno in maniera ben diversa.
Il Paris Saint-Germain esce subito dalla Coppa dei Campioni, per mano dei modesti cecoslovacchi del MFK Vitkovice.
In Coppa di Francia stessa sorte contro lo Strasburgo, militante in seconda divisione.
In campionato un deludentissimo settimo posto che non vale nemmeno la qualificazione per le coppe europee.
35 gol in 38 partite, record negativo della sua storia: il flop proviene, incredibilmente, proprio dal reparto -in teoria- migliore: l’attacco.
E Dominique Rocheteau, con tre reti in 23 presenze, è il re dei flop.
A fine stagione Borelli è infuriato e, d’accordo col suo allenatore, rivoluziona il roster offensivo del team.
Vengono mandati via quasi tutti, incluso il primo giocatore a superare i cento gol con la maglia del PSG: monsieur Dominique Rocheteau.
La musica però non cambia, con i parigini che scampano in extremis ad una clamorosa retrocessione.


Dominique riceve alcune offerte.
Opta per il Tolosa allenato da Santini, suo ex compagno di squadra al SE, terzo in Divison 1 e voglioso di salire ancor più su dopo aver eliminato ai rigori il Napoli di Maradona nel primo turno della precedente Coppa Uefa.
Firma un biennale, con la squadra bianco-viola che però non va oltre le posizioni di centroclassifica ed in Europa fa ben poca strada.

Dominique Rocheteau

A 34 anni suonati Dominique Rocheteau si arrende a qualche acciacco ed alle circostanze, rifiuta alcuni approcci da compagini di non eccelsa caratura e decide di chiudere con il calcio giocato, appendendo gli scarpini al fatidico chiodo.

Un ventennio di carriera con oltre cinquecento presenze in prima serie e tantissime reti, la maggior parte delle quali di pregevole fattura.
Una esperienza all’estero avrebbe potuto accrescerne maggiormente il bagaglio calcistico e personale, ma Dominque è stato sempre troppo attaccato al suo paese ed alla sua famiglia per pensare di potersene separare a lungo.
Un giocatore iconico, che insieme ad altri suoi compagni ha segnato un’epoca e che ha contribuito a ridefinire il ruolo di punta, con quella definizione di centravanti-ala che sembra disegnata su misura per lui e per pochissimi altri.

Un personalità carismatica senza mai essere invadente.
Un vero e proprio anticonformista, con una tranquillità che è racchiusa nel suo motto: “Vivere felicemente, vivere nascosto“.


Lavora come commentatore per diversi anni, poi è agente di calciatori e, per un breve periodo, addirittura attore, in un paio di film.
Presiede la commissione etica per la Federazione Calcistica Francese, si spende in varie opere benefiche, scrive una divertente autobiografia, partecipa ad alcuni incontri tra vecchie glorie, apre una scuola calcio per insegnare sport e valori ai giovanissimi ed entra, infine, nella dirigenza del Saint’Etienne.

Dominique Rocheteau, oggi

Appena può mette su uno dei tanti vinili della sua sconfinata collezione e torna a respirare aria di casa nella zona di Royan, nella Charente Marittima, andando a trovare il fratello che, superfluo specificarlo, gestisce un allevamento di ostriche.
Possiede una proprietà anche in quel di Saint’Etienne, dove da poco si è interrotto il rapporto lavorativo con la società ma senza minimamente andare ad intaccare il legame -fortissimo- con la tifoseria dei verdi e con la città.
Ed un’altra ancora in Bretagna, in un meraviglioso scenario naturale.
Passa spesso per la capitale, con il PSG ed il suo popolo nel cuore.
Con l’attuale moglie ha sette figli, quattro suoi e tre di lei: una bellissima tribù che lo porta sovente in giro, mantenendolo in splendida forma.
Jogging, ciclismo, equitazione e qualche saltuaria partitella di calcio e di tennis completano l’opera.

Oggi, a 67 anni, Dominique Rocheteau è un aitante e simpatico pensionato che si gode la vita dopo aver scritto pagine importanti della storia del calcio francese.
E direi anche internazionale, con tre mondiali giocati (andando a segno in ognuno di essi) ed un Europeo vinto.


Un po’ calciatore, un po’ filosofo e, più di ogni altra cosa, soprattutto se stesso.
Molto particolare a vedersi, sia in campo che fuori.

Tremendamente efficace ed irresistibilmente affascinante.
Dominique Rocheteau: l’Angelo Verde.

V74

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