• Dribbling di cristallo

Frank Arnesen

Ancora un danese.
Beh, nei decenni passati dalla bella Danimarca sono venuti fuori fior di giocatori di livello.
La generazione odierna non è affatto malvagia, intendiamoci: ma la Danish Dynamite era ed è un’altra cosa.
Uno dei protagonisti di quella mitica squadra è stato, senza alcun dubbio, Frank Arnesen.


Nato a Copenaghen nel 1956, Frank sembra sin da giovanissimo avviato ad una carriera di tutto rispetto.
Non nel Calcio, però, datosi che nell’adolescenza, come da lui stesso affermato molti anni dopo nella sua biografia, prova droghe di varia natura e si avvicina ad ambienti non propriamente “sani”.
Vabbè: gli sarebbe andata di certo peggio se avesse frequentato quelli ritenuti sani per antonomasia, ma andiamo oltre.

Il padre, ex calciatore dilettante che insieme alla moglie gestisce una drogheria di quartiere, ogni tanto se lo perde nel quartiere di Christianshavns.
Perché il piccolo Frank si reca nei pressi del bastione, dietro alcune fabbriche abbandonate, e si diverte con i suoi dribbling ubriacanti ed i suoi tiri al fulmicotone che sembrano esplosi da un trentenne in piena attività sportiva, anziché da un ragazzino scapestrato e irriverente.
Il bello è che molte di queste azioni prevedono avversari di fantasia, poiché Frank si immagina leader di un team i cui gregari sono tutti alle sue spalle e confidano in lui, soltanto in lui, per scardinare ed abbattere il fortino nemico.
Chi di noi non ha, almeno per una volta, fatto lo stesso?
Io sfondavo una vecchia serranda posta al lato del cancello di casa, per dire.
Bei tempi.
Bellissimi.
Davvero bellissimi, pur con tante situazioni non semplici a corredo.


Il giovane Arnesen, a differenza del sottoscritto e della maggior parte di noi tutti, possiede una classe sopraffina.
In men che non si dica diventa l’attrazione principale del Fremad di Amager, l’isola più popolata della Danimarca.

Nella capitale sono stato diverse volte ed in una di queste, esattamente dieci anni or sono, soggiornai proprio ad Amager, in un B&B (Guesthouse Copenhagen Airport) gestito da un personaggio simpaticissimo, ottimo cuoco ed amante dell’Italia.
Ai tempi stava per trasferirsi in Asia.
Chissà se è tornato in patria, poi.
Amager è ancora lì, invece.

Così come il Fremad, un piccolo club che in quegli anni fa parlare di sé e sulle ali dell’entusiasmo arriva in prima serie.
Dura poco, nell’élite di un calcio danese che già di per sé è ben lungi dal professionismo degli ultimi decenni.
Quanto basta, questo sì, a mettere in mostra due gioielli destinati a scrivere il proprio nome nella storia dello sport nazionale e non soltanto: Soren Lerby e Frank Arnesen.
Entrambi giovanissimi ed entrambi centrocampisti, sebbene con caratteristiche molto differenti.
Soren è un tignoso jolly di metà campo, in grado di agire sulla fasce -soprattutto a sinistra- ed in mezzo, mentre Frank è un elemento con spiccate attitudini offensive e ricco di forza e talento che, anche nella realtà, dribbla tutti ed abbatte i fortini nemici.

Il nostro, appena maggiorenne e dopo una decina d’anni nelle giovanili del club, esordisce in prima squadra e contribuisce alla salvezza in massima serie.

Arnesen, da giovane

A metà degli anni settanta la Federazione Danese non ha ancora perfezionato il passaggio al professionismo, come detto, quindi i migliori prospetti tendono ad abbandonare la patria alla prima offerta sensata.

Proprio in quel periodo il santone Rinus Michels, appena tornato sulla panchina dell’Ajax di Amsterdam ed intenzionato a rilanciare i lancieri per riportarli ai fasti del passato dopo la recente partenza del fuoriclasse Cruijff, cerca elementi giovani, ambiziosi, versatili.
Qualcuno gli consiglia di andare a dare una occhiata dalle parti di Amager.
Lui lo fa e, poco dopo, un sostanzioso assegno per il Fremad ed un contributo alla Federazione scandinava, come da prassi, mettono Arnesen -insieme all’amico Lerby- sul treno per i Paesi Bassi.

Frank abbandona il suo quartiere, dove è soprannominato Gasoline e sta iniziando a prendere delle abitudini non consone al professionismo (passando le notti a bere e suonare con gli amici e fumando tutto quello che gli capita tra le mani e le narici), incontra Kate e con lei -in quei mesi in dolce attesa- si traferisce ad Amsterdam per sei stagioni, nelle quali vince tre titoli nazionali (1977, 1979, 1980) ed una Coppa d’Olanda (1979).
Con l’Ajax perde altre tre finali di coppa olandese (1978, 1980, 1981) e nel 1980 raggiunge la semifinale di Coppa dei Campioni, venendo eliminato da quel Nottingham Forest che poi andrà a bissare il successo dell’annata precedente.

Oltre a Rinus Michel, ad allenare Arnesen si alternano lo jugoslavo Tomislav Ivic e gli olandesi Cor Brom, Leo Beenhakker e Aad de Mos.
Tecnici di assoluto valore.
Frank lega in particolar modo con Ivic, che gli impone una ferrea disciplina e lo trasforma, a tutti gli effetti, in un calciatore a trecentosessanta gradi.

Frank Arnesen, Ajax

Nel 1977 esordisce anche con la maglia della sua Nazionale.
Una squadra in piena fase di transizione dal precedente dilettantismo al professionismo oramai alle porte, con elementi quali il Pallone d’Oro Simonsen ed il forte Morten Olsen a condurre un gruppo che ben presto si arricchirà di ottimi calciatori (M. Laudrup, Elkjær, Lerby, Berggreen, Molby ed altri) e, soprattutto, beneficerà della sapiente guida del tecnico tedesco Sepp Piontek, che per oltre un decennio (1979-1990) gestirà i danesi con disciplina e fervore.

Nel frattempo, ad Amsterdam, torna Cruijff.
Lo fa in maniera rocambolesca, passando da USA e Spagna.
Per motivi burocratici il fuoriclasse olandese è costretto a rinviare di qualche mese il suo approdo con i Lancieri, ma la società entra nell’idea di separarsi da Arnesen, per introitare moneta sonante ed evitare fastidiose contrapposizioni di ruolo.

Dopo oltre duecento gare e più di settanta reti con la maglia biancorossa, Frank Arnesen viene ceduto al Valencia.
Le offerte non mancano, in realtà.
Ad un certo punto sul giocatore piombano alcune compagini di Bundesliga ed il suo destino pare indirizzarsi verso la vicina Germania.
Invece, con una trattativa lampo, i dirigenti iberici convincono Frank a trasferirsi nel regno della Paella, facendogli firmare un contratto pluriennale.

Frank Arnesen, Valencia

Una scelta che, a posteriori, si rivela piuttosto infelice.
Arnesen, inizialmente, regala sprazzi di autentica classe e si conferma all’altezza della “raccomandazione” di Cruijff al club valenzano.
Nella seconda annata, vittima di un serio infortunio, fatica maledettamente a carburare e non scende praticamente mai in campo.
Il Valencia non brilla nella prima stagione e, una volta perso il suo danese, nella seconda si salva per un soffio dalla retrocessione.

Il giocatore non riesce quindi ad incidere come sperato e, senza la necessaria continuità, finisce per ritrovarsi in lista di sbarco.
Si interessano a lui compagini francesi, svizzere e, nuovamente, tedesche.

A spuntarla è però l’Anderlecht.
In Belgio il danese va a sostituire Lozano, passato al Real Madrid, e trova una squadra che ha appena vinto la Coppa Uefa, sconfiggendo i portoghesi del Benfica.
I connazionali Morten Olsen, Brylle e Frimann lo introducono nello spogliatoio dei bianco-malva, con i quali arriva secondo nella Division 1 e giunge in finale di Coppa Uefa, senza che il club della capitale riesca a bissare il successo dell’anno precedente.
A vincere è il Tottenham, con Frank Arnesen che esce a pochi minuti dal termine della gara di ritorno, con l’Anderlecht in vantaggio.
Gli inglesi pareggiano nel finale e trionfano ai rigori.
Arnesen si consola con la vittoria del campionato l’anno dopo quando, smaltito finalmente l’infortunio occorsogli a Valencia, riesce a giocare con maggiore continuità durante tutto l’arco del torneo.
In Europa l’Anderlecht non fa molta strada, al contrario dei periodi antecedenti.


Nel 1984 Frank partecipa con la sua Nazionale ai Campionati Europei, che si svolgono in Francia.
Nel girone iniziale la Danimarca esordisce con una sconfitta (0-1) con i padroni di casa, guidati da Platini e Giresse.
Poi batte per 5-0 la Jugoslavia di Susic e Stojković, con due reti -una su rigore- di Arnesen.
Infine supera in rimonta pure il Belgio di Ceulemans e Pfaff per 3-2, con un altro gol -penalty- di Frank.

La semifinale contro la Spagna è sfortunata e termina con una sconfitta, ai rigori.
Arnesen esce nella ripresa, stremato, e non partecipa alla lotteria che elimina i suoi nella lotta al titolo, che finirà nella bacheca dei francesi.

I nordici impressionano e si ripetono ai Mondiali in Messico, del 1986, con un gioco spettacolare e redditizio che conquista tifosi ed addetti ai lavori.
Il primo girone di appartenenza è vinto in scioltezza superando Scozia (1-0), Uruguay (6-1) e Germania Ovest (2-0).
L’ultima gara, quella con i tedeschi, se fosse terminata con un risultato diverso avrebbe consentito agli uomini di Piontek di usufruire di un match ad eliminazione diretta più abbordabile rispetto a quello contro la Spagna.
Ma la rivalità è forte e nessuno ha voglia ed interesse nel fare calcoli di sorta.
Inoltre Arnesen, espulso con i teutonici e squalificato, salta una partita che i danesi giocano a fasi alterne, finendo col soccombere per 5-1 dinanzi ad uno scatenato Butragueno.
La sua assenza pesa e sono in molti a credere che con una gestione più accorta di determinate situazioni la Danimarca avrebbe potuto scrivere pagine di storia calcistica ancor più nobili, sia all’Europeo in Francia che al Mondiale in Messico.
Lo farà invece più tardi, ad Euro 1992.
Ma questa è un’altra storia.


Alla kermesse messicana Frank Arnesen partecipa da giocatore del PSV di Eindhoven perché dopo aver vinto campionato e Supercoppa del Belgio, nel calciomercato novembrino del 1985, l’Anderlecht cede lo scandinavo al club olandese.
Il ritorno di Lozano dal Real Madrid ed i troppi infortuni ai quali il danese è soggetto hanno convinto i dirigenti capitolini della bontà dell’operazione.

Arnesen, PSV

Frank, alla fine di Euro84, si era proposto per giocare in Italia.
Lo affascina quello che, a metà degli anni ottanta, è di certo il miglior torneo calcistico del pianeta.
Diverse compagini si interessano al suo profilo, anche allorquando è in uscita dall’Anderlecht, ma la succitata attitudine a fermarsi spesso ne limita il rendimento e rende restii all’investimento tutti coloro che sarebbero affascinanti dal godere più da vicino della sua innata classe.


Perché Frank Arnesen, quando sta bene, è un calciatore assolutamente delizioso.
Ha talento, eccelso, e col fisico longilineo ed lo spunto irresistibile crea un solco tra sé e gli avversari.
Le sue finte, talvolta seguite da controfinte ud ulteriori giravolte in serie, disorientano il diretto marcatore finendo per strapazzarlo come un birillo.
Calciatore offensivo per eccellenza, è bravo a coprire pure la fascia -quella di destra, nella stragrande maggioranza dei casi- e si cimenta in diverse occasioni come centrocampista puro, da interno e da mezzala/trequartista.
Ambidestro, crossa con una precisione chirurgica e sforna assist come se piovesse.
Ottimo rigorista, calcia bene dalla distanza e si propone sempre ai compagni, con personalità e forza.
Il suo limite, purtroppo oltremodo evidente, è insito negli infortuni che durante la carriera non mancano mai di accompagnarne le gesta, anche a causa di uno stile di gioco, audace e sfrontato, che lo espone a traumi di campo e problematiche muscolari.

Con la Nazionale si ferma nel 1987, dopo oltre dieci anni -quindici, se includiamo le presenze nella Under 17, Under 19 e Under 21- con più di cinquanta gettoni ed una quindicina di reti in aggiunta.
Una avventura indimenticabile, per Frank e per tutto il popolo danese.


Ad Eindhoven il calciatore danese viene accolto con qualche remora, per via del suo passato con l’Ajax e dei suoi frequenti infortuni.
Invero, appena un mese prima di chiudere l’accordo con la sua nuova società, Frank era pronto a firmare con la sua ex squadra.
Un infortunio -al solito- ha rallentato l’affare e, sfruttando le indecisioni di Anderlecht e Ajax, il PSV si è inserito, facendogli firmare un triennale.

Saggia scelta, per tutti.
Tre anni di successi con Arnesen che, sebbene a sprazzi, regala spettacolo e vince tre campionati consecutivi (1986, 1987, 1988) ed una Coppa d’Olanda (1988).
Nel 1987 lo raggiunge in maglia biancorossa l’amico Lerby, andando a chiudere un cerchio che, quasi per magia, trova il suo culmine nella Coppa dei Campioni vinta da un team allenato dal bravo Gus Hiddink, orfano di Gullit -appena ceduto al Milan- ed intenzionato a giocarsi le sue carte con un gruppo esperto e coeso, per la maggior parte composto da elementi olandesi con l’aggiunta di un blocco danese (oltre al nostro vi sono Heintze, Nielsen ed il succitato Lerby).
Al termine di una finale calcisticamente inguardabile, contro il Benfica, il PSV vince la Coppa e centra il triplete.
Il fortissimo ed atipico libero Ronald Koeman, strappato in estate all’Ajax, ed il capitano Gerets, belga, sono anch’essi degni di menzione in una squadra che si issa sul tetto d’Europa per la prima -ed al momento unica- volta nella propria storia.

Un trionfo clamoroso e per molti versi inaspettato.
Frank Arnesen è felicissimo ed il PSV, al netto di qualche problema fisico di troppo, vorrebbe rinnovargli il contratto.
Lui ne sarebbe onorato, ma ha saltato la finale di Stoccarda per un serissimo infortunio che, di fatto, mette fine anche alla sua carriera.
Da quando ha lasciato Valencia il danese ha sempre giocato in tensione, consapevole che le sue gambe sono estremamente delicate e che i consigli degli allenatori di rischiare meno in gara non sortiscono effetto sul suo carattere istintivo e risoluto.
Stanco di questa condizione, riflette sul da farsi.
Per sei mesi è in riabilitazione e pazienta, fin quando si rende conto che non è il caso di forzare.
A soli trentadue anni annuncia il ritiro.


Si prende quindi una pausa di riflessione e se ne va a Marbella -dove possiede un elegante appartamento- con Kate ed il resto della famiglia (ben quattro eredi).
Ama la moda e vorrebbe investire in tal senso, ma la precedente esperienza in quel di Copenaghen, quando agli inizi degli anni ottanta aprì un grande negozio di articoli sportivi che fu costretto a chiudere poco dopo per carenza di guadagni, lo riporta a miti consigli.

E poi ama troppo il gioco del pallone, per starne lontano.
Allena per un po’ le giovanili dello stesso PSV e fa da vice al tecnico della prima squadra, Robson.
Riceve offerte da compagini minori per essere allenatore capo, ma resta nella società olandese e si reinventa come Direttore Sportivo.
Ingaggia giocatori come Ronaldo (il Fenomeno), Robben, Van Nistelrooy.
Ne scopre molti altri ancora e per dieci anni è il principale dirigente del PSV.
Passa poi al Tottenham e, di lì a breve, al Chelsea, diventando il D.S. più pagato al mondo.
Chiusa l’avventura londinese, Frank Arnesen è ingaggiato dall’Amburgo, in Germania.
Si trasferisce quindi al Metalist Charkiw, in Ucraina, e più tardi in Grecia, al Paok di Salonicco.
Ritorna, come DS, all’Anderlecht ed infine firma con il Feyenoord di Rotterdam, tornando a vivere in Olanda.

Today

Per rilassarsi legge un buon libro e, soprattutto, suona la sua adorata chitarra.
Come quando era ragazzo e lì, tra i sobborghi di Copenaghen, dove è iniziata la sua storia, suonava e sognava un palcoscenico e la gloria.
Non poteva ancora immaginare che l’avrebbe raggiunta inseguendo un pallone di cuoio.

Frank Arnesen: Dribbling di cristallo.

V74

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