• Il possente

René Vandereycken

Bel tipo, René Vandereycken: uno dei centrocampisti più forti di quel divertentissimo Belgio che negli anni 80 ha conquistato parecchi cuori tra gli amanti della pelota, incluso il sottoscritto.

Insieme a Ceulemans, Gerets, Preud’homme, Pfaff, Clijsters, Vercauteren e tanti altri che ho spesso citato nelle mie memorie, il buon René ha scritto pagine importanti nella storia sportiva del suo paese e non soltanto, come ad esempio nell’indimenticabile ed inarrivabilmente stupendo Campionato del Mondo del 1986, in Messico, allorquando i Diavoli Rossi conquistarono definitivamente il cuore dello scrivente.


Ma procediamo con ordine, as usual.
René nasce nell’estate del 1953 a Spalbeek, una frazione del comune di Hasselt, capoluogo della provincia del Limburgo.
Bella zona, vicina al confine con l’Olanda e non troppo distante da quello con la Germania.
In Belgio, se ogni tanto comparisse il sole, non si starebbe manco troppo male.
Bruges e Gand sono molto affascinanti.
Bruxelles è un contrasto infinito.
Liegi così così.
Anversa bella vera.
Arlon stranissima.
E tanto altro ancora.

Il calcio, poi, ha sempre avuto un suo perché nel paese nordico.
Il piccolo René non ne è affatto immune, tutt’altro.
A scuola è sveglio e diligente, ma come vede rotolare un pallone inizia a vibrare e lo insegue come un forsennato fin quando non lo riesce a calciare con tutta la forza che ha in corpo.
A soli dieci anni d’età entra nel settore giovanile dello Sporting Spalbeek ove svolge l’intera trafila fin quando, non ancora maggiorenne, viene ingaggiato dal team locale del KSC Hasselt, che gli offre il primo contratto professionistico della sua neonata carriera.

René Vandereycken inizia a sentirsi un vero calciatore e sogna ad occhi aperti.
Siamo in terza serie, eh.
Però si inizia fare sul serio ed il nostro si mette in mostra come centrocampista difensivo, fisicamente tosto e tatticamente disciplinato.
Un triennio di apprendistato ed ecco la chiamata del Club Brugge, che da poco si è laureato campione del Belgio.

Vandereycken è uno dei rinforzi della squadra delle Fiandre: a ventuno anni il ragazzo di Hasselt si è meritato una chance nel calcio che conta e dimostra ben presto di essere all’altezza delle aspettative.

Club Brugge

A Bruges difatti René mette le tende e si ferma per sette stagioni, vincendo quattro titoli nazionali (1976, 1977, 1978, 1980) ed una Coppa del Belgio (1977).
Les Gazelles -come vengono soprannominati i calciatori blu-neri-, grazie all’ottimo lavoro del tecnico austriaco Ernst Happel, diventano una vera e propria corazzata, che domina in patria e va alla grande anche in Europa, sfiorando la gloria eterna.
A frenare i sogni dei belgi è per ben due volte il Liverpool.
La prima volta nel 1976, in finale di Coppa Uefa, con i belgi che sono arrivati sino all’ultimo atto dopo aver eliminato Lione, Ipswich Town (sotto per 0-3 all’andata e clamorosa rimonta al ritorno: 4-0), Roma, Milan ed Amburgo.
Sconfitta per 3-2 in Inghilterra (dopo essere stato in vantaggio per 2-0) e pareggio per 1-1 in casa: il Brugge sfiora l’impresa ed esce dal campo tra gli applausi scroscianti della sua gente.

Due anni più tardi il palcoscenico è più prestigioso, in Coppa dei Campioni, ma l’esito è identico: a Londra il Liverpool bissa la vittoria dell’anno precedente e si conferma trionfatore della competizione.
1-0 per gli inglesi e Bruges che giunge ad un passo dal Paradiso calcistico.

René Vandereycken è uno degli uomini chiave del team e dalla metà degli anni 70 in poi è entrato anche a far parte della sua Nazionale, inizialmente col C.T. Goethals.
Gli uomini allenati successivamente da Guy Thys partecipano agli Europei del 1980, in Italia, e riescono a raggiungere la finale di Roma perdendo al fotofinish contro la Germania Ovest di Hrubesch e Karl-Heinz Rummenigge (1-2), con René che segna -su rigore- il momentaneo pareggio dei Diavoli Rossi.


Dodici mesi più tardi Vandereycken prende nuovamente un aereo per l’Italia.
Nella penisola sono state appena riaperte le frontiere per gli stranieri, nel calcio.
Uno per squadra, da regolamento.
A puntare su di lui è il neopromosso Genoa del presidente Fossati, allenato da Gigi Simoni.
Club storico, che non dispone però di un budget elevato.
Il calciomercato estivo si basa soprattutto su alcuni scambi, con piccoli conguagli che permettono poi l’esborso principale per il succitato René.
Oltre al belga, sotto la lanterna arrivano il forte attaccante Briaschi (dal Vicenza), gli affidabili difensori Romano, Gentile e Faccenda ed il versatile centrocampista Iachini.
Il portiere Martina, i difensori Onofri e Testoni, i centrocampisti Claudio Sala, Manfrin e Fabrizio Gorin e l’attaccante Russo sono gli altri elementi di spicco della rosa.
Obiettivo: la salvezza, chiaramente.

René Vandereycken, Genoa

Vandereycken in Liguria si ambienta sin da subito e senza alcun tipo di problema.
Affitta una bella casa a Pieve Ligure e nel pieno della calura estiva, non appena si sparge la voce, un nugolo di giovani tifosi si raduna sotto la sua finestra intonando timidamente un coro di benvenuto.
Lui si affaccia dal balcone e saluta in un italiano già più che discreto, mentre la moglie apre il portone ed invita i ragazzi ad entrare, offrendo loro una bibita refrigerante.
Altro calcio, altra gente, altro pianeta.
Purtroppo.

A Genova e dintorni il clima, rispetto al Belgio, è idilliaco.
Il cibo idem come sopra, per quanto nel suo paese ci siano un paio di cosucce degne di nota, dal punto di vista gastronomico.
Ma l’Italia, è risaputo, è inarrivabile per chiunque, quando ci si accomoda a tavola.
Calcisticamente parlando, con Simoni vi è un buon feeling.
L’allenatore ne apprezza sin da subito le doti umane, fisiche e tattiche.
René ha solamente una richiesta: la maglia numero 7, la sua preferita.
In Italia, quantomeno negli anni 80, è solitamente destinata all’ala destra.
Nel Genoa in questo ruolo ci gioca Sala, che non esita un istante a lasciarla in dote al suo nuovo compagno.


Il Genoa inizia la stagione in Coppa Italia, senza impressionare.
In campionato soffre e parecchio.
Bazzica le zone basse della graduatoria e si tiene in vita grazie ai gol di Briaschi e alle giocate difensive di René Vandereycken, vero e proprio equilibratore della squadra.

Poi, a fine aprile del 1982, René viene convocato per un match amichevole tra Belgio e Bulgaria, in previsione dei prossimi Campionati del Mondo in Spagna ai quali i nordici parteciperanno.
Il centrocampista, dopo pochi minuti di gioco, si infortuna seriamente al ginocchio sinistro e finisce sotto i ferri.
Un duro colpo, sia per lui che per la sua Nazionale ed il suo club.
Difatti salta il Mondiale, anche se fino all’ultimo prova a rientrare nel gruppo che salirà sul volo per la penisola iberica.
Non ci riesce e Thys è costretto a chiamare il mediano Daerden al suo posto.

Renè non può contribuire neanche alla causa del Genoa, ovviamente.
I Rossoblù riescono comunque a salvarsi grazie ad un pareggio in quel di Napoli, all’ultima giornata ed agguantato in extremis.
Vandereycken festeggia la salvezza con i compagni e prova ad attutire la delusione per il Mondiale che è costretto a guardare in TV, col suo Belgio che va fuori al secondo turno della kermesse.

In estate continua il suo percorso di riabilitazione, dopo l’inevitabile intervento al ginocchio lesionato.
Si riaffaccia in squadra nel precampionato e gioca in Coppa Italia.
Poi ha una pesante ricaduta (menisco + crociato) ed è costretto ad operarsi un’altra volta.
Alla fine il tutto diventa un autentico calvario ed il belga riesce a tornare disponibile soltanto per le ultime due giornate, nel quale offre il suo contributo alla seconda salvezza consecutiva dei liguri.
Non c’è dure senza tre, direbbe qualcuno.
Ma non la pensano così i medici del Genoa, che si dicono certi dell’impossibilità, per il giocatore, di tornare abile ed arruolabile per un torneo professionistico di alto livello quale è il campionato italiano.
Inoltre la società genoana, potendo ingaggiare un secondo straniero, ha messo le mani sull’olandese Jan Peters, preso dall’AZ Alkmaar: centrocampista di valore, nazionale del proprio paese ed elemento di comprovata esperienza.
Peccato che sia dannatamente fragile dal punto di vista fisico.
Uno è abbastanza, due sono troppi.
Il Genoa decide di liberarsi di René Vandereycken e conferma Peters: a fine stagione retrocederà in serie B.


Il belga, dispiaciuto per la cessione e preoccupato per il suo futuro, si prende qualche settimana di tempo, per riflettere sul da farsi.
Poi si guarda intorno ed opta per il ritorno in patria.
Lo cercano in parecchi: in fondo parliamo di un Nazionale, per quanto con l’incognita del doppio infortunio a corredo.
A spuntarla è l’Anderlecht, che ha appena sfiorato il titolo in patria chiudendo secondo alle spalle dei campioni dello Standard Liegi e che ha, soprattutto, portato a casa la Coppa Uefa, sconfiggendo nella doppia finale il Benfica di Manuel Bento e Chalana.

I bianco-malva sono allenati da Paul Van Himst e possono contare su elementi quali Arnesen, Morten Olsen, Scifo, Brylle, Vandenbergh, Vercauteren, Munaron, Czerniatynski, Grun, Arnór Guðjohnsen ed altri ancora.
Un gran bel team, attrezzato per imporsi sia in Belgio che in Europa.
René Vandereycken arriva a Bruxelles per rinforzare il centrocampo della squadra e ben presto conquista la fiducia del suo allenatore e la conseguente maglia da titolare, mettendosi alle spalle i problemi del passato.

Giocatore di sostanza, ben strutturato fisicamente e dotato di grande senso tattico.
Centrocampista completo e mediano evoluto, specializzato nel recupero della sfera e bravo nel trasformare rapidamente la manovra da difensiva in offensiva.
Classico schermo dinanzi alla difesa, centromediano (volante, per dirla alla sudamericana)per eccellenza in grado di dettare i tempi ed accompagnare l’azione partendo sia dal centro-destra che dal centro-sinistra.
Soprannominato “il possente”, per la sua attitudine ad uscire vincitore da contrasti di notevole intensità, ed “il ciarlatano”, per la tecnica del trash-talking che sovente utilizza al fine di irretire gli avversari.
In carriera ha giocato pure da libero, oltre che da terzino (raramente) e da laterale (all’occorrenza).
Un leader non appariscente, ma tremendamente efficace.
Nel basket sarebbe un Top, per le palle rubate.
Nel calcio ci aggiunge parecchi assist, tanti lanci millimetrici ed un bel po’ di reti.
Le sconfitte in finale ad EURO 80, nella Coppa dei Campioni del 1978 ed in Coppa Uefa nel 1976 e nel 1984 gli hanno tolto molta di quella gloria che, nonostante una bacheca di ottimo valore e dieci anni di onorato servizio in nazionale belga, avrebbe potuto ottenere.
E peccato per l’avventura nella penisola, che avrebbe meritato ben altra sorte.


Con l’Anderlecht il buon René arriva nuovamente in finale di Coppa Uefa, come detto.
Per i belgi sarebbe il bis, ma è il Tottenham di Archibald ed Ardiles a vincere il trofeo, imponendosi ai rigori nella gara di ritorno (doppio 1-1).
Di recente una indagine condotta con colpevole quanto voluto ritardo appurerà che i belgi avevano corrotto -tramite il proprio presidente ed una serie di intermediari malavitosi- l’arbitro spagnolo che in semifinale gli dette un aiuto nel superare il Nottingham Forest, grazie ad una serie di decisioni palesemente assurde.
E qualche ombra compare anche riguardo ad un paio di partite dei primi turni, nello stesso periodo.

Brutte storie, che avrebbero molto probabilmente portato alla revoca del titolo, se emerse con una tempistica “normale”.

Nel frattempo Renè è tra i convocati ad EURO 84, i Campionati Europei che si svolgono in Francia, dove è pure titolare inamovibile.
Il Belgio sconfigge la Jugoslavia di Susic e Stojković (2-0) all’esordio, poi crolla con la Francia di Platini e Giresse (0-5) e perde anche con la Danimarca di Elkjær e Lerby, salutando la compagnia al primo turno.

L’ex genoano si rituffa quindi nell’avventura con la maglia del suo club: dopo essere giunto secondo, dietro al sorprendente Beveren, l’Anderlecht vince tre Division 1 consecutive.
René Vandereycken è protagonista dei primi due successi, arrivando inoltre in semifinale della Coppa dei Campioni nel 1986, dove il suo club è eliminato dai futuri vincitori della Steaua Bucarest di Duckadam e Belodedici.
Nella stessa stagione disputa i Mondiali in Messico, dopo aver saltato per infortunio quelli in Spagna del 1982.
Una bella e sacrosanta rivincita, per il centrocampista limburghese.

René Vandereycken, 1986

Il Belgio del santone Guy Thys è squadra solida e di talento.
In porta gioca Pfaff.
Dietro ci sono Gerets, Renquin, Grun, Demol, Franky Van der Elst, Broos.
In mezzo Scifo, Vercauteren, Desmet, Vervoort, Mommens.
Davanti Ceulemans, Claesen, Vandenbergh.
E tanti altri che sono pronti a gettare il cuore oltre l’ostacolo per la causa dei Diavoli Rossi.

Il primo incontro vede gli europei soccombere dinanzi ai padroni di casa del Messico (1-2) di Hugo Sanchez e Aguirre.
La vittoria contro l’Iraq (2-1), nella seconda gara, riapre le speranze.
Il pareggio per 2-2 con il Paraguay di Cabanas consente al Belgio di superare il turno, come prima tra le migliori terze.
Agli ottavi c’è l’Unione Sovietica del mitico colonnello Lobanovskij.
Il match è spettacolare ed il Belgio ne esce vincitore, per 4-3, dopo i tempi supplementari.
I russi, che schierano giocatori di valore come Dasaev, Belanov, Rats e Zavarov, si arrendono dinanzi all’organizzazione tattica degli avversari e ad un arbitraggio discutibile.
I vincitori proseguono il loro cammino eliminando ai rigori la Spagna di Butragueno e Michel ai quarti di finale, dopo che i tempi regolamentari si erano chiusi sul risultato di 1-1 ed i supplementari non avevano mutato la scena.
In semifinale ecco l’Argentina di Maradona.
Diego è in forma atomica ed è semplicemente immarcabile.
I belgi provano un inedito schema 8-1-1 con annessa gabbia per limitare il Re, ma non funziona: 0-2 e grande delusione che culmina nella successiva sconfitta nella “finalina” di consolazione per il terzo posto (2-4 -ai supplementari- con la Francia di Amoros e Papin).

René Vandereycken?
Lui gioca le prime due gare della kermesse: la prima benino, la seconda maluccio.
Poi entra in contrasto con Thys.
Il giocatore lamenta un atteggiamento poco equilibrato della squadra: l’allenatore lo ascolta e dal terzo match in avanti inserisce un difensore in più.
Complice un leggero infortunio al ginocchio, ne approfitta pure per fare fuori Renè dai titolari.
Il mondiale di Vandereycken, quindi, si conclude al primo turno.
Ovviamente non ne è affatto felice, tutt’altro: ma da professionista esemplare accetta le decisioni del Mister, supporta i compagni ed al termine del torneo lascia la Nazionale, con cinquanta gettoni di presenza a curriculum.


Al ritorno in Europa René deve trovarsi una nuova squadra.
L’Anderlecht è in piena rifondazione tecnica e societaria e mette alla porta diversi calciatori importanti.
Vandereycken riceve alcune offerte da compagini belghe non particolarmente blasonate, sia di prima che di seconda serie.
Lo cercano pure da Francia e Svizzera, ma la proposta migliore è di marca tedesca: SpVgg Blau-Weiss 90 di Berlino.
Società appena promossa in Bundesliga e che è palesemente a rischio retrocessione, datosi che in pochi anni si è ritrovata al Top del calcio teutonico senza possedere una forza economica ed una struttura societaria che possa consentirgli di durare a lungo.
Elementi di valore ed esperienza, che non costino troppo sia di cartellino che di ingaggio: l’identikit corrisponde pienamente al profilo di René Vandereycken, che oltretutto accetta la destinazione con entusiasmo.

Invero, la rosa dei germanici è oltremodo modesta.
Gli stranieri, oltre a René, sono l’irlandese Clarke ed il turco Yula.
Il bomber Riedle, futuro calciatore della Lazio e Campione del Mondo nel 1990 con la Germania Ovest, è forse l’unico elemento che si innalza oltre la soglia di “decenza”.
René Vandereycken fa ampiamente il suo, bisogna riconoscerlo.
Ma serve a poco ed il Blau-Weiss torna in cadetteria senza colpo ferire.


A trentaquattro anni suonati il centrocampista belga si ritrova disoccupato e riflette sul suo futuro.
Ha voglia di allenare, ma per il momento vorrebbe ancora giocare.
Si sente a posto fisicamente ed è certo di poter dare un buon contributo alla causa della squadra che vorrà usufruire dei suoi servigi.
E una chiamata arriva, dalla madrepatria: il Gent, che ha da poco perso il suo strambo quanto carismatico presidente De Meester, si ritrova in difficoltà economiche e lotta per la sopravvivenza in prima divisione.
René firma un biennale, con l’intenzione di risollevare il club dalle zone calde.

Gent

Come accaduto a Berlino l’anno prima, il nostro René si ritrova in un contesto di non eccelsa levatura.
Il terzino sinistro della nazionale De Wolf, il difensore centrale nigeriano Eguavoen, il mediano jugoslavo Ružić, l’esperto centrocampista Verheyen, il grintoso stopper Criel, il prolifico attaccante Martens.
E poco altro, onestamente.
Purtroppo non basta, per salvarsi.

René Vandereycken, alla seconda retrocessione consecutiva, è deluso.
Ma non vuole chiudere con una retrocessione ed onora il suo contratto, riportando il Gent in prima serie.


Dopodiché, complice qualche acciacco, appende le scarpe al chiodo ed inizia subito ad allenare, prendendo in carico proprio la panchina del suo ultimo club da calciatore.
Per quattro anni guida i bisonti, poi passa allo Standard Liegi.
Quindi allena RWD Molenbeek ed Anderlecht, prima di trasferirsi brevemente al Mainz, in Germania, e per un quadriennio al Twente, in Olanda.
Se la cava benino, con qualche luce e con diverse ombre.
Torna infine in Belgio, al Genk, prima della chiamata della vita: difatti dal 2005 al 2009 siede sulla panchina del Belgio.

Preparato tatticamente e cocciuto caratterialmente, Vandereycken prova a costruire una nuova generazione di Diavoli Rossi puntando su elementi giovani ed affamati di gloria e miscelandoli con qualche vecchio marpione che possa trasmettere loro il giusto tasso di esperienza.
La teoria è intrigante, la pratica invece si dimostra meno efficace del previsto.
Il Belgio non riesce a qualificarsi per EURO 2008 e neanche per i Mondiali del 2010.
Ovviamente questi risultati portano al suo allontanamento, sostituito dal vice ed ex compagno Vercauteren.

René Vandereycken

Dopo aver lasciato la panchina del Belgio, René Vandereycken opta per una lunghissima pausa di riflessione, che continua ancora oggi.
Fondamentalmente ha concluso la carriera di tecnico, dedicandosi alla famiglia ed al commento del calcio da osservatore esterno.

Tornato a vivere ad Hasselt, da dove tutto ha avuto origine, trascorre il tempo libero con la sua famiglia e ricorda sempre con affetto l’Italia e tutti i suoi compagni del Genoa, con parecchi dei quali è ancora in stretto contatto.


La sfortuna ci ha messo lo zampino, altroché: altrimenti sarebbe stata tutta un’altra storia.
Perché il campionato italiano, negli anni 80, era il migliore al mondo.
E Vandereycken ne faceva parte a pieno titolo, non certo per caso.

René Vandereycken: il possente.

V74

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *