• Estro e Destino

Wolfram Wuttke

E chi è?
Vi vedo, eh.
Vi vedo.


In effetti Wolfram Wuttke non è conosciutissimo, quantomeno nel nostro stivale.
Gli appassionati di Calcio teutonico di certo lo ricordano, altroché.
Parliamo pur sempre di un ex Nazionale della forte Germania Ovest che fu e di un calciatore in grado di mettere a referto trecento presenze in Bundesliga con un bottino di reti (quasi settanta) che per un centrocampista, anche se di indole offensiva, non sono numeri ordinari.

Il paragone istintivo è con Antonio Cassano.
Genio e sregolatezza, sì.
Con la differenza, sostanziale, che Cassano “sembra scemo ma quello in realtà lo è”, cit. da quel capolavoro inarrivabile di -Cornetti alla crema-, con un Lino Banfi in formissima e con una Edwige Fenech che riscrive i canoni interplanetari della sensualità femminile.
Tornando a cose più umane, bisogna dire che invece Wuttke era tutt’altro che stupido.
Mezzo matto però sì, senza alcun dubbio.

Ma procediamo con ordine.
Wolfram, classe 1961, viene alla luce nel distretto della Ruhr, in un piccolo centro che fino a metà degli anni 80 era imperniato sull’estrazione mineraria del carbone.
Ho visitato in varie occasioni queste zone, ancora oggi prettamente industriali.
Dortmund, a breve distanza dal luogo di cui discorriamo, è la città più nota.
Città di Calcio, tra l’altro.


E proprio il Calcio diventa la passione del piccolo Wuttke, che appena vede un pallone se lo incolla al piede ed inizia a trottolare come una scheggia impazzita.
Intelligente e sveglio, se la cava bene pure a scuola.
Ma è durante gli allenamenti con la squadra locale, SG Castrop-Rauxel, che si diverte veramente.
A soli 15 anni viene inserito nel florido e rinomato settore giovanile dello Schalke 04, dove brucia le tappe ed attira su di sé molti sguardi interessati.
A 17 anni vince il campionato juniores con la selezione del club di Gelsenkirchen ed in società iniziano a ragionare se non sia il caso di farlo allenare con la prima squadra.
Manco il tempo di pensarlo che già lo staff tecnico lo ha convocato, per farlo subito esordire in campionato.
Un torneo che per lo Schalke è decisamente negativo, in quanto si conclude con una bruciante retrocessione nonostante i tre cambi in panchina, nel vano tentativo di porre rimedio allo scadente rendimento del team.
Wuttke invece se la cava benissimo, per essere nemmeno maggiorenne e già titolare in una compagine storica e, sebbene retrocessa, molto importante.
Entra nella storia del club come il più giovane marcatore di sempre e fornisce ottime prestazioni nel ruolo di seconda punta.

Wolfram Wuttke, da giovane

A fine anno i dirigenti renani si fanno un po’ di conti e si convincono che per tentare una pronta risalita bisogna monetizzare qualcuno dei migliori prospetti e poi reinvestire su mestieranti della seconda serie, che conoscano il torneo e possano contribuire a vincerlo.
Il giovanissimo Wuttke diventa un pezzo pregiato e le offerte fioccano.
Lo Schalke fa un sacrificio e resiste fino al calciomercato invernale successivo, allorquando la cessione del suo gioiellino diventa improcrastinabile.
Serve denaro fresco e a metterlo sul tavolo è il Borussia Mönchengladbach, reduce da un decennio di trionfi e alla ricerca di talenti ai quali affidare il compito di riportare il team al vertice del calcio tedesco e continentale, dopo una fase di transizione.

Wolfram Wuttke si sposta di qualche chilometro, lasciando i “minatori” e firmando con i “puledri”.
Accanto ad un altro giovanissimo in rampa di lancio, Lothar Matthäus, si impone subito come titolare, anche se il tecnico Jupp Heynckes -pure lui molto giovane e futuro santone della panchina- ha il suo bel da fare per tenerne a freno l’esuberanza.
“Osram” è il provocatorio nomignolo che Wuttke affibbia al suo mister, perché diventa rosso ogni volta che lo fa innervosire.
E non sono poche.
In una occasione è costretto a mettergli il suo assistente Werner alle calcagna per una settimana con l’intento di controllarne gli allenamenti, visto che durante le corse nei boschi Wolfram si imboscava tra i fusti per riposarsi e fumare una bella sigaretta.
Fumo, indisciplina, aneddoti: una costante che si riverbererà sino alla fine, durante la turbolenta carriera del ragazzo.

Wolfram Wuttke

Con la maglia del Borussia gioca davvero bene, però.
I tumulti fuori dal campo potrebbero essere soltanto derivanti dall’età, ma in società non la pensano in questa maniera e optano per disfarsi dell’attaccante dopo un biennio, rispedendolo allo Schalke 04, nel frattempo tornato in Bundesliga ma in lotta per non retrocedere nuovamente in cadetteria.

Wuttke gioca bene e segna quasi come una punta centrale, ma i minatori perdono lo spareggio contro il Bayer 05 Uerdingen e si ritrovano in seconda serie.

Un duro colpo per le ambizioni del giocatore.
Il suo rendimento non è però passato inosservato ed a fine stagione arriva un’offerta dell’Amburgo, che lo convince a trasferirsi ancor più a nord.
Gli anseatici sono Campioni d’Europa e di Germania in carica, mica pizza e fichi.
Il mitico tecnico austriaco Happel si fida dell’intuito del bravo DS Günter Netzer e acconsente ad avere Wolfram alle sue dipendenze.
Il feeling tra allenatore e giocatore si rivelerà scadentissimo, purtroppo per entrambi.

L’Amburgo perde il campionato per la differenza reti ed esce sconfitto sia in finale di Coppa Intercontinentale contro i brasiliani del Gremio che in Supercoppa Europea, contro gli scozzesi dell’Aberdeen.

Molta sfortuna, va detto.
Wuttke gioca bene e segna abbastanza, nella sua prima stagione con la maglia dei “dinosauri”.
Nella seconda stagione allenta la tensione, si allena con poco impegno e sceglie il peggior modo per interagire con un maniaco della cultura del lavoro come Happel.
Non sorprende affatto che le cose vadano peggiorando e che il calciatore finisca per litigare pesantemente col suo tecnico.
Un paio di multe ed una pesante sanzione punitiva non risolvono la diatriba, che sfocia così in uno scontro pesante a quattr’occhi:
“Sei un parassita ed un verme!”, l’esordio rabbioso di Happel.
“Tu invece solo un povero stronzo”, replica seraficamente l’altro, venendo sospeso dalla propria società d’appartenenza e ponendo fine, di fatto, alla sua avventura sulle rive dell’Elba.
” Wuttke è uno dei giocatori tedeschi più talentuosi di tutti i tempi, ma il suo carattere gli impedirà di avere una carriera di successo ”.
A pronunciare queste pesanti parole durante una intervista radiofonica non è però Happel, bensì Netzer, cioè l’uomo che aveva portato Wolfram ad Amburgo.
Ed è lo stesso uomo che a novembre del 1985 lo spedisce in prestito al Kaiserslautern, pur di mitigare la tensione nello spogliatoio.
A 24 anni è tempo di una nuova avventura per Wuttke, che nel Palatinato spera di rilanciare la propria carriera in un club senza eccessive ambizioni e privo di fastidiose pressioni.
In un ambiente più tranquillo il ragazzo si sente a suo agio.
Inoltre l’allenatore Bongartz capisce come prenderlo dal punto di vista umano e, ancor di più, da quello tattico, datosi che opta per un modulo offensivo e sposta Wolfram a centrocampo, affidandogli il compito di organizzare la manovra e ispirare le punte.

Kaiserslautern

Un cambiamento epocale, che porta ottimi frutti.
Wuttke si allena bene, gioca bene, si comporta bene.
Talmente bene che viene convocato da Beckenbauer in Nazionale.
Dopo aver militato in tutte le nazionali giovanili (Under 15, 16, 17, 18, 21), arriva anche l’onore di vestire la casacca della Mannschaft: quattro presenze, una rete contro l’Inghilterra e la convocazione per gli Europei del 1988, giocati in casa e terminati con una bruciante eliminazione in semifinale, contro l’Olanda, che vincerà poi il torneo.
Pochi mesi e Wolfram viene dirottato nella Nazionale Olimpica che si prepara ai Giochi di Seul.
Un terzo posto finale che lascia un pizzico di amarezza ai tedeschi.
Wuttke è tra i migliori dei suoi, ma non troverà più spazio nella Nazionale maggiore dopo questa fase.
La sensazione che in mezzo al campo ci fosse gente più solida e continua di lui, tutto qui.
Scelte che pagheranno, inoltre, datosi che porteranno i teutonici a vincere il Mondiale del 1990 in Italia.

Il giocatore, che il Kaiserslautern aveva acquistato a titolo definitivo al termine della prima annata, inizia a dar segni di inquietudine.
In precedenza si era parlato di un suo trasferimento in Grecia, all’Olympiakos: ma i tedeschi avevano esitato e gli ellenici si erano fiondati sull’altrettanto traballante ungherese Detari.
Poi Wuttke litiga con entrambi gli allenatori che si sono succeduti al buon Bongartz e viene messo fuori rosa, non partecipando alla vittoria del club in DFB Pokal, nel 1990.

Ho portato mio figlio con me, in modo che possa vedere con che tipo di persona stupida sto lavorando in queste settimane“, dice ai cronisti dopo un allenamento, riferendosi al suo tecnico Josef Stabel.

Ingestibile quanto spassoso, per chi non è coinvolto nella tenzone.

“Meglio quattro buone gare giocate in Nazionale piuttosto che cinquanta partite che non ricorda nessuno”.
In questa frase vi è tutto il mondo ed il pensiero di Wolfram Wuttke.
Un talento enorme, un uomo stravagante.
Nato come seconda punta rapida e scattante, nel tempo ha man mano arretrato la sua posizione, finendo per diventare un ottimo centrocampista avanzato.
Gambe arcuate alla Garrincha, tecnica sopraffina alla Valderrama, piedino mignon alla Palanca.
Un condensato di caratteristiche strambe ed un estro bizzarro che gli consentono di essere imprevedibile, sia sul guizzo di partenza che sulle movenze in velocità, con quel baricentro basso che diventa complicato da tenere a bada quando decide di puntare l’uomo.
Segna abbastanza per una punta e parecchio per un centrocampista.
Fornisce assist con discreta frequenza.
Destro preciso e potente, gran tiratore da fermo, rigorista glaciale ed infallibile.
Quando calcia di esterno destro, con quell’estremità fatata che si ritrova, si avvicina alla Gloria Celeste.
Tatticamente mostra qualche défaillance, chiaro, come ci si aspetta che sia da un calciatore della sua tipologia.
Odia allenarsi, fuma come un turco -spesso anche alcuni istanti prima di scendere in campo-, tende a bere oltre il dovuto, ha il vizio di assentarsi per uno spezzone di gara, talvolta per mezza gara, a volte per tutta la gara, in alcuni periodi anche per settimane, mesi, anni.
Prendere o lasciare.
Parecchi allenatori, quasi tutti, lasciano.


Risolto il contratto con l’FCK , Wolfram Wuttke riceve alcune proposte dalle categorie minori.
Accetta il declassamento, ma a sorpresa firma con una compagine di seconda serie spagnola, l’Espanyol di Barcellona, appena retrocessa dalla prima serie e desiderosa di riconquistarla immediatamente.
Il tedesco ritrova lo smalto dei tempi belli, si ritempra al sole della Catalogna e fornisce ottime prestazioni, con una inusuale costanza di rendimento e un buon bottino di reti (9) che trascinano il suo club alla conquista dell’ultimo posto utile per i playoff, dove l’Espanyol sconfigge ai rigori nel doppio confronto il Malaga, tornando in Primera División.
Wolfram Wuttke segna il suo penalty e festeggia la promozione con grandissimo entusiasmo.
Un raggio di luce, dopo parecchi momenti bui.

Espanyol

Nella successiva annata l’Espanyol si salva per un soffio dalla ricaduta in serie cadetta.
Wolfram gioca poco, a causa di alcuni infortuni.
A tradirlo, stavolta, non è il carattere ribelle, bensì il fisico usurato.
Un brutto segnale, ripensandoci a posteriori.

A scadenza di contratto riflette sulla permanenza in terra iberica: i tifosi lo adorano, alla follia.
Lui ama Barcellona, però avverte nostalgia di casa.
Il suo amico Peter Neururer, che ha condotto trionfalmente il Saarbrücken in Bundesliga, lo chiama nel Saarland, per chiedergli di dare una mano alla causa sportiva.
Wuttke accetta, ma i problemi fisici ormai lo tormentano ed a fine anno, col Saarbrücken ultimo e retrocesso e lui con una spalla rotta e l’abilità alla pratica sportiva che gli viene sospesa, decide di chiudere la sua avventura col Calcio giocato.

Una parabola strana, altalenante, strampalata.
Netzer ci aveva visto lungo, per molti.
Altri, come ad esempio Hannes Löhr, il supervisore della Nazionale Olimpica Tedesca, erano invece convinti che il giocatore fosse fortissimo e che bisognava semplicemente saperlo prendere ed avere con lui enorme pazienza.
Pare facile…
“Era una figura tragica.  Aveva la classe ed il talento di uno che può giocare 100 partite per la nazionale. Dio gli ha dato tutto ciò di cui un calciatore ha bisogno. La sua gestione della palla, i suoi tiri e i suoi dribbling hanno abbagliato i tifosi, ma fuori dai campi era senza speranza ”, dirà più tardi Peter Neururer, fotografando forse più di chiunque altro l’epopea wuttkeiana.


Lui è sempre rimasto se stesso, nel bene e nel male.
Fiero delle proprie notevoli doti, consapevole dei propri ingenti limiti.

Gli aneddoti su Wolfram si sprecano.
Si narra che durante un ritiro con la Nazionale Juniores abbia fatto i suoi bisognini nel letto dell’allenatore Dietrich Weise, che lo aveva ripreso con foga durante un allenamento.
Wuttke ammette la marachella, ma confessa di aver usato dell’acqua e null’altro.
Ai giornalisti che a Kaiserslautern gli rinfacciano una notte brava al Festival del Vino, replica con nonchalance: “ È impossibile che io fossi lì. Tutti sanno che bevo solo birra “.

Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, tenta la carriera di allenatore.
Parte dalle retrovie, nelle categorie minori, dove gioca ancora qualche match ed allena il TuS Haltern, nelle zone natie. 
Va male, come anche col TSV Crailsheim, ove allena e lavora da DS.
Si propone come tecnico di settori giovanili, ma non arrivano offerte.

Wolfram Wuttke

Apre così una attività che si occupa di articoli sportivi, purtroppo destinata a fallire per debiti.
Fallisce pure il suo matrimonio, se è per questo, dopo che a Wolfram è stato diagnosticato un tumore al seno, in una forma rarissima nei soggetti di sesso maschile.

“Quando devi prenderlo in quel posto, il vento provvede ad alzarti la camicia”.
Cinico e lucido detto popolare delle mie parti.
Fantasticamente crudele.
Il cane morde sempre lo straccione, recita la versione più nota e più edulcorata del tema.
L’esito non muta di una virgola, come intuibile.

Wolfram Wuttke si trasferisce a Selm, un ridente paesino posto a breve distanza dalla storica località di Unna, e fa richiesta per il sussidio di disoccupazione, che gli viene regolarmente assegnato.
Pensa di scrivere un’autobiografia, raccontando il Calcio a modo suo, di certo da una prospettiva singolare.
La vorrebbe intitolare “La dannata esistenza di Wolfram Wuttke”, giusto per.
Una mattina, mentre sta andando a prendere la metropolitana, vede esposta in una vetrina una copia di un libro di memorie scritto da Stefan Effenberg -calciatore che apprezza e che gli sta pure simpatico, essendo anch’egli un “genialoide”-, in offerta a tre euro e cinquanta.
Si rende conto che non è il caso di imitarne la traiettoria letteraria e abbandona l’idea.
Supera la malattia grazie alle cure dei dottori e dei suoi genitori, che gli sono sempre stati accanto, ed all’affetto del figlio Benjamin, giocatore professionista di golf.
Ritrova l’amore, con Marlies, ed il sorriso.
Poco Calcio, tranne spezzoni di Schalke 04 e Kaiserslautern.
Gioca invece spesso a tennis, cercando di rimettersi in forma anche dal punto di vista fisico.
E per un periodo di riesce, sebbene non rinunci ai suoi vizi preferiti.


Tutto troppo bello per essere vero, per uno come Wolfram Wuttke.
Ed infatti il suo Destino infame è lì, pronto a tornare alla carica.
A 53 anni viene ricoverato per le conseguenze di una cirrosi epatica.
I suoi organi interni sono a pezzi e va in coma.
Muore all’alba del primo di Marzo del 2015.

E come si può notare, non è stato affatto dimenticato.
Con quei baffoni 70/80 style che gli regalavano una decina di anni in più, come minimo.
Con quella sua andatura caracollante, da irriducibile perdente e, nel contempo, da dribblomane imprevedibile.
Con quella sua aria scocciata e strampalata, da eretico romantico in un mondo, quello del Calcio, che tende a gettare nell’oblio i miscredenti, soprattutto quando non fanno più parte del carrozzone.


Wolfram Wuttke si è inventato e si è autodistrutto.
Perché quelli come lui vivono la vita intensamente, mostrandosi senza maschere, nudi, con coraggio e spavalderia.
Selfie dell’anima, potremmo dire nel 2021.
Quelli come lui non vivono a lungo, nella maggior parte dei casi.
Tutt’altro.
Ma vivono.
Vivono per davvero.

Gute Reise, Wolfram!

V74

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