- Pinocchio
Alessandro Mannini
Quanti portieri forti che c’erano, negli anni ottanta!
Una marea, perdinci.
Quelli che all’epoca giocavano in B, oggi sarebbero titolari in A: e, qualcuno di loro, forse pure in Nazionale.
Un livello davvero notevole, a ben pensarci.
Uno dei miei preferiti era Mannini, del Pisa.
Pinocchio, lo soprannominarono i compagni, per via del suo naso decisamente pronunciato.
Gli amici lo chiamavano pure Larry, invero.
Estremo difensore solido e capace, nel contempo, di interventi spettacolari.
Partiamo dall’inizio.
Cioè da Viareggio, in Toscana.
Qui nasce, nell’estate del 1957, Alessandro Mannini.
Figlio di una affiatata coppia di contadini, che lavorano la propria terra con dignità e forza, Alessandro cresce con valori importanti e con una grande passione per il calcio.
Nei terreni intorno alla casa colonica dove vive con la sua famiglia è tra i protagonisti di combattutissime partitelle tra ragazzini.
Lui, dopo aver cambiato un paio di ruoli, opta per la porta.
Una vocazione, si sa.
E se le cava benissimo tra i pali, il piccolo Alessandro.
Tanto è vero che viene preso dal Bar Ivano, una piccola società del luogo che è gestita da un gruppo di amici, appassionati di calcio e desiderosi di far divertire i ragazzi del litorale viareggino.
Suo padre, Angelo, è un patito di calcio.
Al figlio dice una sola parola, prima di accompagnarlo al campo: “Impegnati“.
L’erede, ligio al dovere, esegue.
La crescita del giovane portiere è notevole ed a mettere gli occhi su di lui è il Viareggio, il più importante club della zona, che a metà degli anni settanta è retrocesso dalla C alla D.
Mannini viene inserito nel settore giovanile, per favorire la sua maturazione in un ruolo alquanto delicato.
Non è particolarmente alto, Alessandro.
Nell’adolescenza si sta completando dal punto di vista fisico e si impegna al massimo per rendere ottimale il proprio bagaglio tecnico.
Dopo un paio di annate con la Juniores, Alessandro Mannini viene promosso in prima squadra.
Appena maggiorenne, è impiegato come dodicesimo.
Un anno dopo gioca da titolare in una compagine che giunge sesta in quarta serie e che, in virtù della decisione della Federazione di ampliare gli organici in vista della neonata serie C2, si gioca la promozione in uno spareggio con la Rondinella Marzocco, giunta anch’ essa nella medesima posizione di classifica.
Il match viene disputato sul campo neutro di Pontedera e termina sul risultato di 0-0 dopo i tempi regolamentari e di 1-1 ai supplementari.
Non essendo previsti i calci di rigore, bisogna provvedere al lancio della monetina.
La fortuna arride al Viareggio, promosso in C2.
Alessandro Mannini non segue i viareggini nella serie superiore, però.
Per lui doppio salto di categoria insieme ai terzini Biagini e Capon: il suddetto trio bianconero viene prelevato dal Pisa (C1) appena rilevato da un imprenditore triestino che diverrà un’icona, nella città della Torre: Romeo Anconetani.
Mannini parte titolare, poi ha qualche tentennamento dovuto alla giovane età e chiude il torneo da riserva del bravo Ciappi, numero uno affidabile ed esperto.
A fine stagione il Pisa è secondo, promosso in serie B.
Nel suo primo anno di cadetteria Alessandro Mannini fa moltissima panchina.
E quando non è in panca, va direttamente in tribuna.
Il Pisa si salva, seppur con qualche patema.
Anconetani cambia allenatori come mutande, ma la squadra comunque non è malvagia: Cantarutti, Bergamaschi, Federico Rossi, Chierico, Vianello, Miele, Contratto ed altri ancora.
Ciappi, come detto, non lascia ai colleghi di reparto neanche le briciole.
In estate lo stesso Ciappi viene venduto al Taranto in cambio del suo omologo Sergio Buso.
Quest’ultimo parte da riserva di Mannini.
Poi, dopo un infortunio che mette fuori dai gioco il viareggino per diversi mesi, conquista la titolarità.
Mannini riprende il suo posto soltanto nel finale di stagione, che il Pisa conclude al settimo posto con mister Toneatto in panchina.
In estate i nerazzurri ingaggiano come allenatore il vulcanico Agroppi, che nel ritiro spiega ad Alessandro Mannini di voler puntare su di lui.
Buso gli fa da riserva, con gerarchie chiare e precise.
La rosa, con elementi quali Bertoni, Casale, Todesco, Sorbi, Riva, Garuti, Gozzoli, Viganò, Secondini ed altri succitati, è completa e ben amalgamata.
Il club toscano chiude al terzo posto in classifica e, meritatamente, sbarca in massima serie.
Mannini, dopo un paio di anni in cui veniva ritenuto un portiere buono al massimo per la panca, si prende la sua rivincita, giocando un torneo splendido e dando sicurezza a tutta la sua squadra.
Il viareggino, a venticinque anni e mentre l’Italia si appresta a vincere il Mondiale Spagnolo del 1982, raggiunge il punto più alto della carriera di un calciatore, quantomeno a livello di categoria.
Un sogno, per lui.
Ed una soddisfazione immensa per tutti coloro che gli vogliono bene, inclusi quei tifosi pisani che tanto avevano dubitato di lui nel biennio precedente.
Anconetani ingaggia Vinicio come allenatore e prende il danese Berggreen e l’uruguaiano Caraballo come stranieri.
Il nordico è forte, il sudamericano una pippa.
La squadra, mediante una buona organizzazione difensiva ed un Mannini in stato di grazia, porta a casa una sofferta permanenza in quello che ai tempi è di certo il più bel campionato del Mondo.
L’annata seguente è invece negativa per i toscani, che retrocedono in B nonostante l’acquisto del bravo attaccante olandese Kieft e di buoni giocatori come Criscimanni, Patrizio Sala e Scarnecchia.
Alessandro Mannini, ancora una volta, le gioca tutte e con un buon rendimento.

Il Pisa, intenzionato a riconquistare subito la massima serie, rispedisce al mittente un paio di proposte per il suo portierone ed ingaggia Simoni per la panchina.
Kieft e Berggreen vengono anch’essi confermati e per la B sono un bel lusso.
I nerazzurri, grazie pure al contributo di diversi mestieranti di valori (Armenise, Baldieri, Caneo, Giovannelli, Mariani, Ipsaro Passione, Volpecina, Bernazzani, Masi, Chiti) stravince il campionato e ritorna in Paradiso.
Mannini è tra i migliori dei suoi e non si perde un solo match.
A fargli da riserva è il sardo Grudina, prelevato dal Livorno e confermato anche nelle seguenti annate.
Col giovane Guerini al comando delle operazioni il Pisa riparte alla ricerca della salvezza.
Purtroppo le cose non vanno come sperato, con un calo nel girone di ritorno ed un finale pessimo che condanna i toscani al ritorno in cadetteria.
Magra consolazione: la vittoria della Mitropa Cup, con il trionfo in finale contro gli ungheresi del Debrecen.
Però si è nuovamente in cadetteria, a fine campionato.
Un saliscendi che Alessandro Mannini, inamovibile tra i pali, spera di ripercorrere ancora una volta l’anno dopo, col Pisa che richiama Simoni in panchina, per ripetere il miracolo di due anni or sono.
La rosa, parecchio rinnovata, è buona.
Il manico -Simoni, per l’appunto- è ottimo.
Mannini para, PIovanelli e Cecconi segnano, Sclosa e Cuoghi giganteggiano in mezzo al campo e gli altri, tutti, lottano per la maglia.
Il Pisa parte lentamente.
Poi ingrana e nel finale va a vincere a Cremona in quello che a tutti gli effetti è un vero e proprio spareggio per la A, conquistando così la promozione.
A fine torneo Alessandro Mannini incontra il suo presidente, per la classica cena di fine stagione.
“Pres. tutto bene?”
“Certo, caro. Te, che mi racconti?”
“Io sono già carico per il prossimo campionato. Stavolta dobbiamo salvarci, senza proprio stare a discuterne”
“Ale…”
” lo so, sarà difficile. Ma lei allestirà una squadra forte, ne sono certo”
“Ale…”
“Tranquillo, Presidente. Ce la faremo”
“Alessandro, ascoltami. Per la prossima stagione abbiamo deciso di puntare su Nista, in porta. Credo sia forte e lo seguono già diversi club importanti. Se esplode possiamo farci 4/5 annate, col budget che ricaveremmo dalla sua eventuale cessione”
“Ah, capisco. Mi tocca partire da secondo, allora”
“Saresti troppo ingombrante, come riserva. Sei forte, la gente ti adora e se il ragazzo avesse tentennamenti, beh, sarebbe difficile poi rilanciarlo con te di nuovo titolare”
“Quindi?”
“Lasciamo Grudina come secondo e promuoviamo Lazzerini terzo, dalla Primavera. Per te ho richieste da mezza serie B e da un paio di squadre in A. Vieni in sede, che ne parliamo”
” Va bene, grazie”.
Invero Alessandro Mannini, ragazzo educato e composto, è delusissimo.
Non vorrebbe lasciare Pisa e, tantomeno, allontanarsi dalla sua Toscana.
Da grande professionista quale è prende atto della situazione ed inizia a ragionare sul suo futuro.
In passato era stato vicino al passaggio al Napoli, dove avrebbe trovato Maradona ed un ambiente pronto a volare in alto.
La trattativa si era arenata a causa delle pesanti richieste economiche di Anconetani, che voleva inserire nel pacchetto pure il difensore Vianello, poi finito alla Lazio.
Nell’estate del 1987 sul viareggino si scatenano comunque molti interessi.
D’altronde parliamo di un estremo difensore oltremodo affidabile.
Una certezza per la B ed un buon elemento per la A.
Il portiere sfoglia la margherita ed alla fine, dopo essersi consultato con la sua famiglia, si trasferisce al Sud.
Bari, per essere precisi.
Piazza calda, esigente, passionale.

L’allenatore, Catuzzi, dispone di una rosa buona.
Gli inglesi Cowens e Rideout, Maiellaro, Brondi, Carlo Perrone, Carrera, Lupo, Loseto, De Trizio ed altri ancora.
Il portiere è Imparato, che non brilla nelle prime gare.
Così, nel calciomercato autunnale, ecco arrivare in biancorosso il buon Mannini, che era ormai fuori rosa a Pisa e non aveva trovato l’accordo con nessuna delle società che lo avevano richiesto.
Sì, Alessandro Mannini firma col Bari a campionato iniziato e diventa subito titolare, con Imparato che gli fa da secondo.
In rosa ci sarebbe anche il bravo Pellicanò, che però è in rotta con club e finisce quindi in tribuna.
I galletti del presidente Vincenzo Matarrese lottano per la promozione, poi crollano nel finale e chiudono al settimo posto.
Il cedimento di cui sopra costa il posto a Catuzzi, al quale subentra il pragmatico Salvemini.
Il regista Di Gennaro e la punta Monelli sono i principali rinforzi di una compagine ben organizzata, che gioca un calcio piacevole quanto redditizio.
Secondo posto in campionato (per meglio dire: primo a pari merito col Genoa, ma peggiore differenza reti rispetto ai liguri) e serie A che diventa realtà.
Alessandro Mannini, dopo essere stato messo alla porta -metaforicamente, ecco- dal Pisa, conquista un’altra promozione in porta al Bari.
L’anno dopo è ancora foriero di soddisfazioni, per il portierone di Viareggio.
Il Bari si salva, difatti, con qualche logica sofferenza ma, anche, esprimendo un buon calcio.
I brasiliani Joao Paulo (attaccante) e Gerson (centrocampista) e l’argentino Lorenzo (difensore) sono gli stranieri dei pugliesi.
I primi due sono decisamente buoni, mentre il terzo è un ruvido centrale, di quelli che comunque è meglio avere dalla propria parte, piuttosto che contro.
Il roccioso difensore Brambati, il duttile Ceramicola (ad ottobre) ed il portiere Drago completano i rinforzi dei biancorossi per la massima serie.
Quest’ultimo, prelevato dall’Empoli, è un pupillo di mister Salvemini, che lo ha già allenato nella cittadina toscana.
Alessandro Mannini gioca un’ottima stagione, è un beniamino della tifoseria ed un intoccabile all’interno dello spogliatoio.
Il rapporto con Salvemini, però, si deteriora abbastanza rapidamente.
Mannini non sente la piena fiducia.
Gioca, ma con la consapevolezza che l’allenatore stia lì ad aspettare il momento giusto per inserire Drago al suo posto.
Giulio Drago è un bravo ragazzo ed è anche un buon portiere, intendiamoci.
Alessandro è più forte, però.
A fine campionato Salvemini lascia chiaramente trasparire l’intenzione di puntare sull’altro, per la stagione successiva.
Ed in società decidono di scaricare il toscano, senza andare troppo per il sottile.
La delusione di Mannini è palpabile.
A Pisa si era concluso un ciclo ed erano emersi problemi legati al pagamento di premi non corrisposti e fratture interne al club, con Anconetani che di punto in bianco aveva fatto fuori il nucleo storico dei pisani, mettendo in atto una specie di tabula rasa mascherata da scelte di carattere tecnico.
Nel Bari, invece, Mannini ha problemi soltanto con Salvemini.
Può capitare, nel calcio come nella vita.
Non si può andare d’accordo con tutti, è chiaro.
Bisogna anche dire, per amore di verità, che Matarrese ha cercato di mediare tra i due.
Inoltre ha proposto ad Alessandro un rinnovo di contratto, a patto di accettare le condizioni del tecnico, cioè il ruolo di riserva di Drago.
L’ex pisano, punto nell’orgoglio, ha declinato l’offerta, finendo sul mercato.
Drago durerà poco, come titolare.
Nel calciomercato autunnale di riparazione il Bari, dopo alcune prestazioni non all’altezza delle aspettative, lo spedirà a Trieste in cambio di Biato, che si alternerà nel ruolo con giovane Alberga.
Mannini è già altrove, però.
Il viareggino ha lasciato la sua abitazione nel quartiere Santo Spirito e dopo aver alzato al cielo la sua seconda Mitropa Cup, sconfiggendo in finale il Genoa del Professore Scoglio, ha traslocato in un’altra città posta sul mare Adriatico: Pescara.
I Delfini pescaresi sognano la A ed hanno allestito una rosa interessante, guidata dal grintoso Mazzone: Bivi, Monelli, Zago, Camplone, Gelsi, Impallomeni, Edmar, Caffarelli, Armenise, Baldieri, Righetti, Destro e altri ancora.
L’annata non è propizia e Mazzone viene presto esonerato per far posto all’idolo locale Galeone, il quale traghetta i pescaresi alla salvezza, giunta solamente grazie alla positiva classifica avulsa che permette agli abruzzesi di evitare gli spareggi.
Alessandro Mannini fa ampiamente il suo e non salta un match, con Loris Marcello a fargli da dodicesimo.
In estate il Pescara rivoluziona il proprio roster, ponendo le basi per la successiva risalita in serie A.
Per Mannini non c’è spazio ed il toscano, prossimo alle trentaquattro primavere, inizia a ragionare sul proprio futuro.
Portiere reattivo e concreto, che tra i pali è una sicurezza con i suoi interventi decisi e, talvolta, spettacolari.
Guida la difesa con personalità ed eleganza, senza mai strafare.
Con i compagni ha un ottimo rapporto, essendo un ragazzo serio e posato.
Umile, senza grilli per la testa, è veramente un professionista scrupolosissimo che si allena ogni giorno con la voglia di migliorarsi.
Nelle uscite ha qualche lacuna, soprattutto da giovanissimo.
Fisicamente è agile e prestante, nonostante non sia altissimo.
Tecnicamente è invece piuttosto grezzo, sebbene impari presto l’arte del “parare” e diventi uno dei migliori portieri degli anni ottanta.
In B, con oltre duecento gare a corredo, è uno specialista delle promozioni.
In A, dove ne colleziona più di centocinquanta, non sfigura affatto.
Non possiede il talento del fuoriclasse, ma arriva comunque a sfiorare la salita su almeno un paio di treni importanti.
Amatissimo dai tifosi delle squadre nelle quali ha militato, per il suo attaccamento alla maglia e per la sua disponibilità, reale, sia dentro che fuori dal terreno di gioco.
Se avesse contato sino a dieci, ai tempi del Bari, avrebbe giocato ancora per un bel po’ in massima serie.
E da titolare.
Non è un fumantino, per carità.
Ma è diretto e schietto e questo modo di essere, nel calcio, non sempre paga.
Chiusa la parentesi pescarese, per Sandro Mannini arrivano alcune proposte dalla B ed una dalla A.
Quest’ultima giunge da Firenze, dove la compagine gigliata cerca un affidabile vice da affiancare al valido Mareggini, che dalla stagione precedente ha preso il posto di Landucci, messo in vendita per far posto ad un secondo che non accampi pretese di titolarità.
Tornare in A, seppur da riserva, e riavvicinarsi a casa è un binomio troppo intrigante per essere rifiutato: Mannini accetta e firma un biennale con la Fiorentina.

Agli ordini del brasiliano Lazaroni, i viola vanno in ritiro con una rosa interessante.
Il bomber argentino Batistuta, l’eclettico brasiliano Mazinho, l’altro verdeoro Dunga e gli italiani Borgonovo, Maiellaro, Branca, Carobbi, Massimo Orlando, Faccenda, Iachini, Pioli ed altri.
La compagine toscana balbetta ad inizio stagione, col presidente Mario Checchi Gori che caccia Lazaroni e chiama Radice, al suo posto.
L’annata non è brillante, con una tranquilla salvezza e nulla più in saccoccia.
Alessandro Mannini gioca sei partite da titolare e qualche minuto da subentrante nel match di Napoli, opposto al mitico Maradona.
Un anno più tardi la Fiorentina, nello stesso periodo, è in lutto, per una incredibile retrocessione maturata al culmine di una stagione dannata, con ben tre cambi di allenatore (Radice, Agroppi e la coppia Chiarugi-Antognoni) ed una rosa che, in teoria, era stata rafforzata dal tosto tedesco Effenberg, dal fantasioso danese Brian Laudrup e dagli italiani Baiano, Carnasciali, Di Mauro e Luppi.
E dire che i viola erano partiti bene, in campionato.
L’esonero di Radice, completamente insensato, ha dato via ad una girandola di situazioni grottesche che hanno condotti i gigliati al disastroso esito di cui sopra.
Mannini parte da titolare, anche a causa di un infortunio che mette fuori causa Mareggini.
Quest’ultimo, sempre per problemi fisici, salta diverse altre gare, lasciando al collega quindici gettoni di presenza che, purtroppo, non sono di aiuto al club per mantenere la categoria.
La Fiorentina, per la B, punta sul forte Toldo, con Scalabrelli a fargli da vice.
Alessandro Mannini viene proposto al Parma -unitamente ad un robusto conguaglio- per prendere Ballotta, ma i ducali hanno altre idee.
Poi a ricordarsi di lui è Simoni, allenatore della Cremonese neopromossa in serie A.
“Sandro, vuoi venire a darmi una mano a Cremona?”
“Mister, ho trentasei anni. Mi conviene spostarmi dalla Toscana?”
“Ti faccio fare un buon contratto dal presidente Luzzara, dai. Tanto quest’anno spenderà pochissimo, poiché faremo al massimo un paio di acquisti”
“Ci penso”
“Vedrai che ci salveremo, ci serve anche la tua esperienza”.

Mannini, a Cremona, arriva per giocarsela col giovane Turci.
Dietro di loro il giovane Razzetti, a completare il reparto dei portieri.
Davanti è il bomber Tentoni, a dettar legge, con lo sgusciante sloveno Florjančič ed il grintoso argentino Dezotti a dargli manforte.
In mezzo ci sono Nicolini, Giandebiaggi, Maspero e Cristiani a lottare.
Dietro ecco Verdelli, Gualco, Pedroni e Colonnese a difendere il fortino.
Compagine quadrata, tenace, indomita.
La Cremonese, a sorpresa, ottiene una meritatissima salvezza.
Mannini perde il ballottaggio con Turci e gioca da titolare solamente contro la Juventus di Roberto Baggio e Ravanelli (1-1), mentre è in campo da subentrante nel match col Genoa di Tacconi e Skuhravy (anch’esso terminato sul risultato di 1-1).
Due presenze importanti, che contribuiscono all’ottima stagione dei lombardi.
In estate Simoni prova a convincere Sandro Mannini a fare un’altra stagione con i grigiorossi, ma il portierone di Viareggio ha voglia di tornare a casa.
Valuta alcune situazioni nella sua regione d’origine: quindi si accorda col Viareggio per aiutare la risalita del sodalizio toscano nel calcio professionistico, dopo aver subito il fallimento pochi mesi prima.
Con trentasette primavere sul groppone l’atletismo non può essere, giocoforza, quello dei tempi d’oro.
Però vi è un infinito carico di esperienza che Alessandro Mannini mette al servizio del suo team.
Che vince il campionato e sbarca nel Campionato Nazionale Dilettanti, per inciso.
Nello stesso torneo vi è pure il Pisa, che verrà anch’esso promosso per meriti sportivi, dopo essere fallito -come il Viareggio- poco prima.
Un destino comune che oppone Mannini al club al quale è più legato.
Il portierone resta anche in quinta serie, contribuendo al mantenimento della categoria.
Poi si ritira, trentanovenne, concludendo la sua carriera sportiva esattamente ove l’aveva iniziata.
Appesi gli scarpini al chiodo, Sandro si dedica al percorso di preparatore dei portieri.
Lavora col Pisa per circa una decina di anni, per un breve periodo anche come allenatore in prima.
Nel 2002 viene chiamato da Claudio Gentile a collaborare con la Nazionale Under 21, con cui partecipa a due Campionati Europei: nel 2004 (vincendolo) e nel 2006 (Italia eliminata nella fase finale).
Successivamente è nello staff di Viareggio, Grosseto, Venezia, Novara, Pistoiese, nuovamente Viareggio e, più recentemente, Capezzano, una scuola calcio affiliata con l’Empoli.
Saltuariamente collabora con alcune tv pisane, commentando le gesta degli amati nerazzurri.
Suo figlio Daniele, grazie pure ai consigli paterni, ha avuto una bella carriera da centrocampista sia in serie A che in B, oltre ad aver indossato la maglia dell’Under 21.
Alessandro Mannini, ancora oggi, segue ed ama il Calcio alla follia.
Ho esaudito il sogno di ogni bambino che gioca con un pallone: esordire in serie A.
Oggi vivo a Pisa, la città che mi ha dato tutto.
Pure a Bari ho vissuto momenti stupendi, anche se il finale è stato abbastanza burrascoso.
Non ero un portiere di grande talento, ma con l’applicazione e la volontà sopperivo alle mie lacune tecniche.
Alla fine mi sono divertito molto e credo di aver fatto divertire anche i miei tifosi.
Che al netto di qualche piccola indecisione non mi hanno mai dimenticato, così come io non ho mai dimenticato loro.
Come se non bastasse, da genitore ho visto mio figlio militare a lungo ai massimi livelli del calcio italiano e da preparatore ho avuto la fortuna di vincere un Europeo Under 21, con l’inno tricolore in sottofondo.
Che gioie immense!-Alessandro Mannini-
Lo ricordo bene, Mannini.
Un estremo difensore davvero forte e sempre sorridente nelle figurine dell’epoca, col suo bel nasone pronunciato.
Recordman di presenze in A col Pisa, oltretutto.
Un vincente, che ha collezionato promozioni in tutte le categorie.
Personaggio simpatico, che nel 2025 giocherebbe molto probabilmente in club importanti.
Ottimo golfista, tra l’altro.

Perché anche se questi paragoni temporali sono alquanto discutibili, me ne rendo conto da solo, è altrettanto innegabile che qualitativamente parlando vi è un abisso tra i portieri degli anni settanta-ottanta-novanta e quelli odierni.
Indubbiamente è cambiato il calcio e le regole attuali creano parecchie complicazioni agli estremi difensori moderni, oltre a quella dannata ripartenza dal basso che genera una marea di orrori e pochissime fortune.
Ma andate a rivedere i portieri di quegli anni e poi date una occhiata a quelli di adesso, a parità di categoria.
Un abisso, a parer mio.
Tranne le immancabili eccezioni e sia in un senso che e nell’altro, ci mancherebbe.
Alessandro Mannini: Pinocchio.
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