• Eroe per un giorno

Guido Buchwald

Eroe per un giorno.
La storia del calcio è pregna di eroi per un giorno, cioè di calciatori che in giornata di grazia, magari andando ben oltre il loro livello abituale, fanno coincidere il proprio destino vincente con quello di una squadra quando non, addirittura, di una intera nazione.

Nel caso in questione, Guido Buchwald, la prestazione monumentale è servita ad annullare colui che per molti -incluso lo scrivente- è stato miglior giocatore di sempre o, quantomeno, uno dei più grandi di ogni epoca, oltre che per innalzare la sua Germania sul tetto del mondo.

Va detto, per onestà intellettuale, che il difensore tedesco è stato un ottimo elemento anche durante la sua carriera “normale”, eh.
Nel 1990, nella finale del Campionato del Mondo, si è però trasformato in Superman.


Facciamo un passo indietro.
Esattamente a sessantadue anni or sono (auguri!), in quella Berlino che è divisa in due tronconi.
Ad ovest, a pochi metri in linea d’aria dal celeberrimo Muro, nasce Guido Ulrich Buchwald.
Ha appena un anno e mezzo allorquando i genitori decidono di trasferirsi nella zona sudoccidentale del paese, nei dintorni di Reutlingen.
La regione è il Baden-Württemberg, che ho avuto la fortuna di girare in lungo e in largo in varie occasioni.
Tanto verde, diverse città degne di nota, enogastronomia di pregio (mai come in Italia, è bene chiarire, per quanto il cibo tedesco autentico non sia affatto male: tutt’altro).
Qui, in un piccolo villaggio facente parte del comprensorio della succitata Reutlingen e del distretto della altrettanto bella Tubinga, inizia a giocare a calcio quasi prima di imparare a leggere.
A Guido piacerebbe pure la scuola, intendiamoci.
Il problema è che, come per la maggior parte dei suoi coetanei, si diverte infinitamente di più a correre appresso ad un pallone di cuoio.

A soli otto anni è nei pulcini del SV Wannweil, un piccolo club con un settore giovanile ben organizzato, sito ad un quarto d’ora in auto da Walddorfhäslach, dove abita la famiglia Buchwald.
Qui svolge tutta la trafila sino alle soglie della Juniores, quando passa nel TSV Pliezhausen, società sempre di zona.
Un solo anno, ma sufficiente ad attirare l’attenzione del Kickers Stoccarda, seconda divisione, che lo preleva e lo inserisce nella Under 19.

Guido è uno spilungone che sfiora il metro e novanta d’altezza e che non è particolarmente disinvolto con la sfera tra i piedi: di conseguenza viene impiegato come centrocampista difensivo o come difensore centrale.
E se la cava più che discretamente, datosi che a diciotto anni esordisce nella Bundesliga 2, ai tempi divisa in due gironi, diventando presto un titolare del team.

Al primo anno il Kickers sfiora gli spareggi per la promozione nel primo livello tedesco, chiudendo al terzo posto in classifica.
Identica storia dodici mesi più tardi.
Dal 1981 la serie B teutonica diventa a girone unico e la squadra -che nel frattempo ha perso il suo uomo migliore, il jolly e bomber Allgöwer, passato allo Stoccarda-, in un torneo maggiormente competitivo rispetto alle annate precedenti, si ferma al settimo posto.
Il quinto posto dell’annata 1982-83 è invece l’ultimo di Guido Buchwald con la maglia dei blu.


Le sue ottime prestazioni hanno attratto parecchi estimatori ed il trasferimento al Borussia Mönchengladbach, che offre la cifra più alta per acquisirne i servigi, parrebbe cosa ormai fatta.
Se non fosse che il ragazzo è un po’ riluttante all’idea di allontanarsi troppo da casa.
A ventidue anni non è un bambino, però.
E i Die Fohlen (i Puledri) di Mönchengladbach rappresenterebbero un bel traguardo, sia dal punto di vista sportivo che da quello professionale.
Guido sta per accettare, quando a farsi avanti è lo Stoccarda.
Società anch’essa di prestigio, con sede, campi di allenamento e stadio a pochi chilometri da casa Buchwald.

Il difensore corre ad apporre la firma sul contratto prima che i dirigenti svevi possano cambiare idea, legandosi con un pluriennale ai Die Roten (“i Rossi”).
Lo Stoccarda diventerà la squadra della sua vita ed anche di quella successiva.

Nel bel capoluogo svevo Guido Buchwald non abbisogna di alcun ambientamento, poiché ci vive praticamente da sempre.
La Bundesliga è un altro pianeta rispetto alla serie cadetta, vero, ma la società è stabile e la rosa è più che discreta, come conferma il podio raggiunto nella stagione precedente al trasferimento del difensore.
Tra i punti di forza spiccano gli esperti fratelli Förster, Karlheinz e Bernd, entrambi difensori ed entrambi Nazionali.
L’affidabile portiere Roleder, anch’egli nel giro della Fußballnationalmannschaft.
Il polivalente Allgöwer, pure lui attenzionato dai tecnici della rappresentativa nazionale.
Il forte centrocampista islandese Sigurvinsson.

Dal Goteborg, per rafforzare l’attacco, è stato acquistato il prolifico Corneliusson, centravanti, che poi sarà ceduto al Como e sostituito dal futuro interista Klinsmann, proveniente dal solito Kickers.
L’allenatore è Benthaus, carismatico e capace.

Risultato?
Lo Stoccarda, nella prima stagione di Guido Buchwald al Neckarstadion, vince la Bundesliga per la terza volta nella propria storia sportiva e ad oltre trent’anni di distanza temporale dall’ultimo successo.
Un trionfo incredibile al termine di un campionato a dir poco palpitante, con un finale al cardiopalma che, per la seconda annata consecutiva, si decide in base alla differenza reti.
Cinque squadre in un fazzoletto di punti: Amburgo, Borussia Mönchengladbach, Bayern Monaco, Werder Brema e, per l’appunto, Stoccarda.
Gli svevi ondeggiano nelle zone alte della graduatoria durante gran parte della stagione, per poi spiccare il volo nel finale e conquistare il primo posto alla ventinovesima giornata.
Nella trentatreesima e penultima gara vincono a Brema, escludendo i biancoverdi -di fatto- dalla corsa al vertice.
L’Amburgo viene sconfitto in casa dall’Eintracht Francoforte e si ritrova sotto di due punti.
L’ultima partita in programma è uno scontro diretto e lo Stoccarda affronta proprio l’Amburgo, tra le mura amiche.
I nordici si impongono per 1-0 e raggiungono gli avversari, così come li raggiunge anche il Mönchengladbach, che distanzia di un punto il Bayern Monaco.
L’arrivo a pari punti delle tre compagini arride allo Stoccarda che, appunto per la differenza reti, solleva al cielo la Deutsche Meisterschale.

Guido Buchwald è l’unico giocatore del roster a non saltare nemmeno un match.
Campione di Germania all’esordio in Bundesliga 1: un sogno che si trasforma in realtà.

In estate viene dapprima convocato per gli Europei del 1984 in Francia dal C.T. Jupp Derwall, che lo lancia titolare nella prima gara contro il Portogallo (0-0), poi lo fa entrare nel finale nella vittoria per 2-1 con la Romania ed infine lo tiene in panchina nella sconfitta -maturata in extremis- con la Spagna (0-1), che esclude i tedeschi dalla competizione.

Poche settimane dopo lo stesso Derwall convoca Guido nella Nazionale Olimpica per i Giochi di Los Angeles del 1984.
Lui, che ai tempi del Kickers aveva collezionato pure una presenza nella Under 21, è con Rahn e Brehme uno dei protagonisti della kermesse.
La Germania Ovest supera il girone iniziale battendo Marocco (2-0) ed Arabia Saudita (6-0), con la sconfitta col Brasile (0-1) tra le due gare.
Ai quarti di finale è la Jugoslavia a mandare a casa i teutonici, con un roboante 5-2.

Poteva essere una estate clamorosa, con Europeo ed Olimpiade dopo lo “scudetto”.
Guido, ragazzo intelligente e posato, totalmente l’opposto del classico stereotipo del giovane calciatore di successo, si accontenta e gode come un riccio.


Con lo Stoccarda disputa altre dieci stagioni sino al 1994, esibendo una impressionante continuità di rendimento.
Salta pochissime gare, maggiormente nell’inverno del 1984, a causa di un serio infortunio alla caviglia e di una successiva ricaduta.

Per il resto le gioca quasi tutte, con lo Stoccarda che non riesce ad essere competitivo per la vittoria finale, ma si qualifica spesso per le coppe europee fino al 1992, quando -a sorpresa- riesce a trionfare nuovamente in campionato.
E lo fa, come al solito, con una serie infinita di colpi di scena.
Per 3/4 di stagione sono Eintracht Francoforte e Borussia Dortmund a lottare per il primato.
Nelle ultime settimane si aggiunge pure lo Stoccarda.
Prima dell’ultimo atto le tre squadre sono in parità.
Il Francoforte è in vantaggio sullo Stoccarda per la differenza reti e gioca in casa dell’Hansa Rostock, invischiata nella lotta per la retrocessione.
Il Dortmund (ospite del MSV Duisburg), che ha la peggiore differenza reti e può sperare solamente nei rallentamenti altrui, segna presto e non si fa più raggiungere sino alla fine del match.
Lo Stoccarda, che gioca a Leverkusen contro il Bayer, passa in svantaggio e poi impatta poco prima dell’intervallo.
Il Francoforte (a Rostock) va sotto nella ripresa, invece, pareggiando alcuni minuti più tardi.
Si arriva agli ultimi minuti con un equilibrio pazzesco, che determina uno dei finali più emozionanti della storia della Bundesliga.
Al Francoforte viene annullata una rete per un dubbio fuorigioco, mentre a Leverkusen il futuro Pallone d’Oro Sammer viene espulso per proteste, lasciando lo Stoccarda in dieci uomini.
Un palo per gli stessi svevi ed un altro per il Francoforte aumentano l’adrenalina nella battaglia a tre.
A meno di cinque minuti dal fischio finale Guido Buchwald porta in vantaggio lo Stoccarda, in inferiorità numerica, col Francoforte che quasi in contemporanea si vede negare un rigore abbastanza netto e, in piena tensione, becca la rete dello svantaggio.
Nel recupero nulla cambia e lo Stoccarda, con un pizzico di fortuna, trionfa grazie alla rete del suo leader e capitano ed alla sapiente guida del tecnico Daum, che allena un gruppo di calciatori di valore.
Il portiere Immel; i difensori Frontzeck Schäfer Dubajić; i centrocampisti Sammer, Gaudino, Buck; gli attaccanti Walter (capocannoniere), Sverrisson.

Guido Buchwald, Stoccarda

Buchwald è ancora una volta eroe per un giorno e protagonista assoluto del suo personalissimo bis, segnando inoltre cinque reti a corredo oltre ad un gol nella Supercoppa di Germania del 1992, vinta per 3-1 contro l’Hannover.
Con lo Stoccarda è stato anche finalista della Coppa Uefa nel 1989.
Il Napoli di Maradona, nella doppia finale, si è imposto sui tedeschi.
Nel 1986 altra finale persa, stavolta in gara secca nella Coppa di Germania: 2-5 (Buchwald in rete, a gara ormai ampiamente compromessa)col Bayern Monaco di Pfaff, Augenthaler, Matthaus e Lerby.

Nello stesso anno il Kaiser Beckenbauer decide di escludere Guido dalle convocazioni per il Mondiale in Messico, ammettendo che il difensore meriterebbe di esserci ma che per esigenze di gruppo e di equilibri ha scelto diversamente, pur con una marea di dubbi a riguardo.
Una delusione forte, per Buchwald.
La Germania Ovest sfiora il trionfo, sconfitta dall’Argentina di un Maradona in versione divinità.
Agli Europei del 1988 il nostro torna in squadra e gioca da titolare contro l’Italia, nella gara d’apertura (1-1), e contro la Danimarca, match nel quale si infortuna seriamente ed è costretto ad abbandonare il torneo che i tedeschi -padroni di casa- chiudono in semifinale, eliminati dai futuri vincitori dell’Olanda.


Ai Mondiali in Italia del 1990 Beckenbauer punta nuovamente sul difensore dello Stoccarda e costruisce una squadra meno spettacolare e più camaleontica, equilibrata e compatta.
Il campo gli dà ragione e i teutonici sbarcano in finale, ancora una volta dinanzi al Re, Maradona, ed alla sua Argentina.
Stavolta il C.T. della compagine europea decide di non sacrificare Matthaus in marcatura sul fuoriclasse sudamericano, come aveva fatto in Messico, col risultato -in quel match- di limitare in parte il genio avversario ma di togliere forza ed estro anche al gioco del suo team.
Nell’ultimo atto a Roma, in una gara di una bruttezza infinita, la tattica prende il sopravvento sul talento soprattutto grazie all’intuizione del Kaiser, che affida Maradona alle cure -invero poco amorevoli- di Guido Buchwald.
Osservando i due, l’idea pare a dir poco balzana.
Diego è alto la metà di Guido ed è veloce il doppio, ad essere generosi.
In particolar modo di cervello e di gamba.
Buchwald ha altre doti che, incredibilmente, si rivelano però vincenti.
Soffre come un dannato e riserva all’argentino un trattamento duro e asfissiante, sebbene leale, a suo modo.
Lo limita, comunque.
Anzi: lo annulla.
E la Germania Ovest, con un arbitraggio abbastanza favorevole, vince la partita (rigore di Brehme, sul finire) e dopo due finale perse consecutivamente riesce a salire sul gradino più alto del podio.
Guido Buchwald è Campione del Mondo e lo è da protagonista assoluto.


Un difensore che basa la sua forza sul fisico e sulla concentrazione.
Tosto nella corporatura, solido nella mente.
Insuperabile di testa.
Tanta personalità, inoltre, espressa con l’esempio piuttosto che con la voce: capitano vero, nel suo club.
Carattere tanto grintoso sul prato verde quanto placido all’esterno.
Fa gruppo, Guido, ed è sempre il primo a dare l’esempio, sia negli allenamenti che in gara.
Come difensore è in grado di agire in tutti i moduli: da centrale puro, libero e/o stopper, e da “braccetto”, come si usa dire oggigiorno, cioè da marcatore laterale in una difesa a tre (o a cinque, a seconda dei casi).
Anche da terzino destro, alla bisogna.
Spesso gli capita di seguire ad uomo il trequartista avversario, come accaduto ad inizio carriera e come accade sovente nello Stoccarda ed in Nazionale, agendo da mediano difensivo.
Segna diversi gol, nei suoi inserimenti offensivi.
E spende ogni singola goccia di sudore per la sua squadra.


A fine mondiale lo cercano Parma, Fiorentina, Roma e Bologna.
Tranne che per il Parma, interessato al difensore ma non intenzionato a spendere i molti soldi pretesi dallo Stoccarda (gli emiliani vireranno sul forte belga Grun), le altre pensano al buon Buchwald come alternativa rispetto ad obiettivi più abbordabili.
Lui sarebbe felicissimo di approdare nel Bel Paese, che da turista gli piace talmente tanto da festeggiare la vittoria intercontinentale in Sardegna, ma nessuna delle trattative si concretizza: evidentemente il destino aveva in serbo altri piani, per Guido.

In Nazionale gioca sino al 1994.
Con Vogts C.T. è presente agli Europei del 1992, in Svezia.
Una Germania riunificata riesce ad arrivare in finale, dove però è sconfitta per 2-0 dalla Danimarca.
Nel 1994, ai Mondiali in USA, Guido Buchwald inizia da riserva, poi conquista una maglia da titolare durante la kermesse.
I tedeschi non brillano ed escono agli ottavi, contro la Bulgaria (0-1).

In estate il calciatore dello Stoccarda, a trentatré anni e dopo un decennio di fedele militanza ed una ottantina di gettoni a corredo, saluta quindi la Nazionale.
E saluta anche lo Stoccarda, con 325 match e diverse reti in saccoccia.


Un simbolo, che opta per una nuova esperienza di vita e si allontana per la prima volta nella propria carriera dall’amato Baden-Württemberg firmando per i giapponesi dell’Urawa Red Diamonds, su imbeccata dell’amico Littbarski e viaggiando insieme ai connazionali Bein, Rahn e Michael Rummenigge.
Per quattro stagioni si diverte in campo e fuori, innamorandosi del paese del Sol Levante.
Il suo club, nonostante gli stranieri di ottimo livello, non riesce a fare il salto di qualità, fermandosi nelle posizioni mediane della graduatoria.

Guido Buchwald, Japan

Nel calciomercato invernale del 1997 Guido Buchwald decide di tornare in patria, accordandosi con il Karlsruher SC che non riesce a salvare solamente a causa della differenza reti sfavorevole.
Resta anche in Bundesliga 2, da capitano, sfiorando il subitaneo ritorno nella massima divisione.
A fine torneo, trentottenne, chiude proprio dove aveva iniziato -nel secondo livello- e si ritira dall’attività.

Guido Buchwald

Buchwald possiede un diploma professionale da elettricista conseguito in gioventù prima di recarsi agli allenamenti del Kickers, però -manco a dirlo- preferisce continuare a lavorare nel mondo del calcio.
Inizia come Direttore Sportivo di Karlsruher e Kickers, sue ex squadre, poi torna in Giappone come consulente di un altro suo ex club, Urawa Red Diamonds, che successivamente allena portandolo alla vittoria della Coppa dell’Imperatore (in due occasioni) e del Campionato Nipponico.
La chiamata dell’Aquisgrana, seconda divisione, lo rimette sull’aereo per la Germania.
Le cose non vanno come sperato e Guido Buchwald viene esonerato a metà annata.
Un breve interregno come tecnico e dirigente del Kickers fa da apripista al rientro in grande stile nel suo Stoccarda.
Scout e supervisore del mercato asiatico, il ruolo.
Ricoperto sino al 2019, quando si dimette per incompatibilità con alcuni membri della società.


Guido, attivissimo nel sociale e nella beneficenza, continua a fare sport: calcetto, ciclismo, tennis, corsa.
Appena può vola in Giappone, paese che gli è rimasto nel cuore.
Ha aperto un ristorante, gestisce alcuni affari immobiliari e possiede un piccolo centro sportivo.
Ama passare il tempo libero in compagnia della moglie e dei figli, all’aria aperta e con i suoi cani, in quel clima rurale e sereno che non ha mai voluto abbandonare del tutto neanche quando si è ritrovato a raggiungere l’apogeo della carriera di un calciatore: il trionfo mondiale.

Guido Buchwald

Giocatore del secolo per i tifosi dello Stoccarda, vincitore di tanti premi individuali e con una bacheca che abbiamo già ampiamente incensato, come giusto che sia.
Un gran bel difensore, tra i migliori della Bundesliga degli anni 80 e 90.

Molti pensano che il suo nomignolo, “Diego“, derivi da quella splendida marcatura ad uomo, vecchia scuola, riservata al numero uno dei numeri uno.
In realtà non è così, perché nasce da un tunnel che Guido effettua ai danni di Augenthaler durante un allenamento della Nazionale e che l’altro, sarcasticamente, riconosce come una giocata “maradoniana”.

Il pensiero di Guido sull’argentino è invece questo:
“Maradona è stato uno dei migliori giocatori della storia del calcio.
Dopo la partita di Roma siamo andati insieme all’esame antidoping.

Io ero felice ma a pezzi, per la tensione.
Lui era fisicamente dolorante e moralmente distrutto.
Durante la gara aveva subito parecchi colpi, incluso i miei, e già era arrivato alla finale con degli acciacchi importanti.
Ma si è difeso con estrema correttezza, sempre.

L’ho perso in una sola occasione, quando l’arbitro ha fischiato la fine ed il mio compagno Mill è riuscito ad impadronirsi della sua maglia.
Un calciatore brillante, imprevedibile, geniale.
Affrontare l’enorme pressione alla quale il suo talento e la sua fama lo hanno costretto a sottostare non deve essere stato affatto facile.
Controllava divinamente la sfera, non riuscendo purtroppo a fare la stessa cosa con la sua vita.”


Niente altro da aggiungere.

Guido Buchwald: Eroe per un giorno.

V74


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