• Il vento del Nord

John Sivebæk

Terzini bella gente.
In effetti quello del terzino è un ruolo affascinante, che mi è piaciuto vivere in campo per un periodo -a livelli infimi, s’intende- e che mi affascina moltissimo nell’osservare gli interpreti che man mano vi si sono cimentati, nella storia del Calcio.

Terzino destro, terzino sinistro, terzino marcatore, terzino fluidificante, terzino d’attacco, terzino bloccato e tanti altri ancora: ve ne sarebbero a iosa, di tipologie di calciatori ad aver svolto codesta mansione in campo.
Uno che di tipologie ne includeva diverse e che, a parer mio, è stato un bel terzino d’annata è il danese John Sivebæk, laterale di fascia destra di quella sorprendente Danimarca che nel 1992 si laureò Campione d’Europa.


John, classe 1961, nasce a Vejle, cittadina che si trova nella parte meridionale della nazione e che poco meno di una decina di anni prima ha dato i natali a quello che diverrà uno dei più grandi calciatori nella storia del paese scandinavo: Allan Simonsen, vincitore del Pallone d’Oro nel 1977.

Sivebæk vive un’infanzia tutto sommato tranquilla, alternando lo studio alla sua passione per lo sport.
Eccelle in varie discipline atletiche, è veloce come il vento e, soprattutto, se la cava bene a giocare a calcio.
Inizia prestissimo, a neanche sei anni.
Man mano sviluppa il corpo e forma il carattere: fisicamente è slanciato ed inoltre possiede fiato e grinta.
Inizia come portiere, per la verità, ma presto si ritrova a correre sulla fascia.
Il prospetto pare oltremodo interessante e le sue doti gli valgono la chiamata del club locale, il Vejle Boldklub, con cui svolge la trafila del settore giovanile e viene notato anche dai tecnici federali, venendo convocato dapprima nella Under 19 e, successivamente, nella Under 21 della Nazionale Danese.

Con la sua società d’appartenenza esordisce dopo aver compiuto la maggiore età, andando subito a vincere il primo trofeo, peraltro da titolare e con un luccicante numero 10 sulle spalle: la Coppa di Danimarca del 1981, conquistata battendo in finale il Frem Copenhagen per 2-1.
John Sivebæk è un calciatore giovane ma già in grado di destreggiarsi in varie zone del terreno di gioco.
Destro naturale, predilige la fascia di competenza ma non disdegna di agire nella zona mediana del campo, muovendosi da centrocampista puro e, ove necessario, da laterale offensivo.
Nel Vejle milita per diverse stagioni, vincendo il campionato danese nel 1984.

Sivebæk, Vejle

Un anno più tardi esordisce quindi in Coppa dei Campioni, andando però subito fuori dalla competizione per mano della solida Steaua Bucarest di Belodedici e Lacatus, che poi andrà a vincere il trofeo sconfiggendo in finale- a sorpresa- nientepopodimeno che il Barcellona di Schuster e Carrasco.
In squadra, con John, milita anche il succitato fuoriclasse Simonsen, tornato all’ovile dopo una sublime carriera spesa con le prestigiose maglie di Borussia Mönchengladbach e Barcellona.

Sivebæk, che spesso viene utilizzato anche sulla corsia mancina della squadra, pochi mesi dopo lascia la compagine danese per trasferirsi in Inghilterra, al Manchester United.
Gli inglesi hanno il ragazzo nel mirino da un po’ di tempo, avendolo visto in azione con la casacca biancorossa all’Europeo del 1984.


La Danimarca di Sepp Piontek che partecipa alla kermesse transalpina è un bel team, con elementi di valore come Arnesen, Lerby, Elkjær, Morten Olsen, Laudrup ed altri ancora.
John Sivebæk, penalizzato dalla giovane età e dalla conseguente poca esperienza a livello internazionale, parte dalla panca.
La sua squadra perde all’esordio il confronto con i padroni di casa della Francia di Platini e Giresse (0-1), poi dilaga contro la Jugoslavia di Susic e Stojkovic (5-0) e chiude il girone battendo il Belgio di Ceulemans e Pfaff (3-2), qualificandosi per le semifinali del torneo dove, sfortunatamente, esce ai rigori dinanzi alla Spagna di Arconada e Santillana (1-1 al termine dei tempi regolamentari e dei supplementari).
John Sivebæk subentra nelle gare con Jugoslavia e Spagna, mentre è titolare nello scontro con gli iberici, allorquando Piontek lo schiera sul centro-sinistra, a dar manforte al suo compagno Lerby per limitare le scorribande degli spagnoli sulla loro corsia di destra.
Il piano funge, ma la lotteria dei rigori -come detto- arride alle Furie Rosse.

Fatto sta che la vetrina internazionale attira sul laterale le attenzioni di svariati club, soprattutto di società tedesche, belghe ed olandesi.
Come detto, a gennaio del 1985, nel calciomercato invernale, è il Manchester United a mettere sotto contratto il danese, acquisendo il suo cartellino dal Vejle e sottoponendogli un accordo pluriennale.
Salvo poi, qualche giorno più tardi, rispedire il calciatore al mittente, a causa di supposti problemi di ordine cardiaco.
John rientra in patria e si sottopone a tutti i controlli del caso.
Non emerge niente di preoccupante, ma per salvaguardarne la salute si decide di pianificare un controllo annuale di routine, che avverrà durante tutta la sua carriera sportiva.
Il Manchester, preso atto della cosa, decide di tornare sui propri passi e si convince ad inserire Sivebæk nel proprio roster.

Manchester United

L’avventura non dura a lungo, purtroppo.
Lo United ha deciso di affidarsi al manager scozzese Alex Ferguson, che diverrà una leggenda e scriverà pagine gloriose ed indimenticabili per la compagine inglese.
L’allenatore, anni più tardi, ricorderà nella propria autobiografia -che ho letto e che consiglio a tutti di leggere, al netto di qualche piccola “imperfezione”- che il primo gol segnato da un suo giocatore a Manchester fu messo a segno proprio da John Sivebæk, giocatore che apprezza ma che finisce presto sul mercato, per ragioni di ordine tattico.
Quella rete, tra l’altro, è l’unica realizzata dal danese in Inghilterra, in una trentina di presenze con i Red Devils (Diavoli Rossi) e condividendo lo spogliatoio con colleghi quali Robson, Strachan, Jesper Olsen, Hughes, Whiteside, e Stapleton, per citane qualcuno.
Sir Alex punta sul nazionale britannico Viv Anderson, in arrivo dall’Arsenal e con caratteristiche più idonee alle idee calcistiche del mister scozzese.
Sivebæk, che gode della stima del suo allenatore, capisce che finirebbe per giocare poco o nulla e non vuole perdere la maglia della sua Nazionale: viene così spedito in Francia, al Saint-Étienne.


I transalpini seguono il danese da alcuni anni, invero.
L’ottimo talent scout Pierre Garonnaire, figura storica del club della Loria, aveva già provato a portare il ragazzo in maglia verde in passato, ma l’interessamento del Manchester United aveva fatto naufragare la trattativa.
Stavolta, annusato l’affare, nulla si frappone tra John e la compagine francese.
Nel frattempo il danese si è sposato e la moglie attende un erede.
Il periodo è particolare, ma in Francia la famiglia di John si trova bene.
L’ambiente è tranquillo e la squadra non è affatto male.
Certo, gli anni d’oro di Platini e Rocheteau sono lontani.
L’ASSE si è appena salvata dalla retrocessione e sogna di ritornare ai vertici del calcio nazionale.

Johh Sivebaek - Saint-Etienne

John sembra il profilo ideale per contribuire alla risalita.
I tifosi ne ricordano la figura soprattutto per il recente mondiale del 1986, con il terzino tra i protagonisti della cavalcata della cosiddetta Danish Dynamite, la squadra di Piontek che, sull’onda lunga dell’Europeo del 1984, sbarca in Messico e regala calcio spettacolo alla sua prima partecipazione ad un campionato del mondo.
In quello che viene definito il “gruppo della morte, per la oggettiva forza delle compagini presenti, la Danimarca supera per 1-0 la Scozia di Strachan e Souness, passeggia sull’Uruguay di Francescoli ed Alzamendi (6-1) e zittisce la Germania Ovest di Matthaus e Schumacher (2-0).
John Sivebæk è titolare con la Germania Ovest, entra nella ripresa con la Scozia e non è in campo con l’Uruguay.
Non gioca neanche gli ottavi con la Spagna di uno scatenato Butragueno, che firma una quadripletta e conduce i suoi alla vittoria per 5-1, mettendo fine in maniera ingloriosa ai sogni dei nordici.
Strana sorte, quella di John: titolare indiscusso quando si tratta di qualificarsi per le competizioni più importanti, poi riserva nei momenti clou.
Sia a causa di scelte tecniche, sia per temporanei momenti di forma non esaltante.

Il fatto di essere un componente importante di quella Danimarca che ha impressionato tifosi ed addetti ai lavori, pur venendo eliminata in modo fragoroso, accompagna comunque la fama di Sivebæk al suo arrivo in Francia, nel Saint-Étienne.
I verdi, dopo aver tribolato a lungo nella stagione precedente, hanno richiamato al timone della squadra l’uomo che anni prima li aveva condotti alla gloria: Robert Herbin.
La rosa viene migliorata dall’acquisto del forte marocchino El Haddaoui, dal ritorno del bomber Garande e dall’ingaggio del prolifico Tibeuf, oltre che di John Sivebæk.
Sfuma in extremis il romantico ritorno di Rocheteau, che avrebbe infiammato la piazza in coppia con mister Herbin.
Il team disputa ugualmente una buona stagione, finendo quarto in classifica.
Nel triennio successivo le cose peggiorano, nonostante alcuni arrivi di buon livello (Witschge, Cyprien, Bell).
I verdi si assestano a metà classifica, con Herbin che molla la presa e la società che non riesce a dare la scossa ai giocatori.
Nel 1991 anche John Sivebaek saluta la compagnia, dopo essere entrato nel cuore della tifoseria locale che, anni dopo, lo eleggerà tra i miglior laterali destri nella storia del club.


Durante il quadriennio transalpino il calciatore scandinavo è tra i convocati all’Europeo del 1988, in Germania.
Gioca titolare le prime due gare, ma la Danimarca di Piontek è scarica e viene sconfitta da Spagna (2-3) e Germania Ovest (2-0), prima di arrendersi anche all’Italia (2-0), deludendo le attese e tornando mestamente in patria.

Salutato il Saint-Étienne, Sivebaek si accorda per un biennale col Monaco e si trasferisce nel Principato, alla corte di Arsène Wenger.
Il club è appena giunto secondo nella Division 1, alle spalle dell’Olympique di Marsiglia.
La rosa è ben attrezzata per primeggiare: il portiere Ettori; i difensori Thuram, Mendy e Sonor; i centrocampisti Puel, Dib, Petit e Rui Barros; le bocche di fuoco Weah e Djorkaeff.
John offre il suo abituale contributo di professionalità e rendimento alla causa, pur incappando in un infortunio che ne limita l’impiego per alcuni mesi.
Il Monaco finisce nuovamente dietro l’OM in campionato e perde la finale della Coppa delle Coppe, battuto per 2-0 dal Werder Brema di Allofs e Rufer, allenato dal santone Otto Rehhagel.
Sivebaek salta gran parte dell’avventura europea dei suoi ed a fine annata entra in conflitto con la società, vedendosi rifiutare una estensione di contratto per un’ulteriore stagione.
Il suo compagno di squadra, Mendy, si è appena trasferito in Italia, al Pescara.
E John, su suggerimento dell’amico, decide di seguirlo.
Il Pescara sborsa un pizzico di contante in più e porta a casa la coppia.

John Sivebaek - Pescara

Il danese, che è incuriosito dal torneo più importante al mondo in quel periodo e da un paese che lo affascina moltissimo, va a rinforzare la neopromossa abruzzese.
E ci arriva addirittura da Campione d’Europa.


Perché la Jugoslavia, per motivi legati ai conflitti bellici che l’affliggono, viene estromessa dagli Europei che si svolgono in Svezia, nel 1992.
Al suo posto viene ripescata proprio la Danimarca.
Molti giocatori sono già in vacanza e vengono richiamati per partecipare alla competizione.
I danesi, che hanno meno individualità rispetto al passato, puntano sul gruppo e pareggiano all’esordio, contro l’Inghilterra di Lineker e Platt (0-0).
La sconfitta con i padroni di casa della Svezia di Brolin e Limpar (0-1) parrebbe destinarli ad una precoce eliminazione, ma gli uomini allenati da Richard Møller Nielsen hanno una bella reazione d’orgoglio e nell’ultima gara del girone superano la Francia di Papin e Cantona (2-1), passando il turno e sbarcando in semifinale, dove al termine del pareggio con l’Olanda di Gullit e Van Basten (2-2) è la lotteria dei calci di rigore a premiare gli scandinavi.
In finale la vittoria con la Germania Ovest di Klinsmann e Brehme proietta i biancorossi nella storia del calcio e regala a Sivebaek -titolare inamovibile, sostituito soltanto nel secondo tempo dell’ultimo atto a causa di un infortunio- ed al suo popolo una gioia infinita.

A Pescara il buon John sbarca in compagnia di Mendy, come detto, e del forte brasiliano Dunga.
Ritorna in città anche il matto yugoslavo Slišković, mentre Allegri, Massara, Borgonovo, Bivi e Monelli sono gli altri elementi che inducono il tecnico Galeone a cullare speranze di salvezza.
John Sivebaek si ambienta bene in città, ma la squadra non gira e a nulla serve cambiare allenatore: il Pescara retrocede in serie B.
Il danese resta pure in cadetteria, anche perché oramai il rapporto con la sua nazionale si è interrotto definitivamente dopo quasi novanta gettoni di presenza ed un decennio di amore e devozione per l’adorata casacca nordica, non di rado con l’orgoglio di portare sul braccio la fascia di capitano.
Però la musica non cambia e gli abruzzesi, dopo aver esonerato più tecnici di quanti ne avessero ingaggiati, riescono a malapena a salvarsi dalla rovinosa caduta in C, grazie all’esperienza ed al carisma dell’ultimo subentrato, mister Rumignani, ed alle reti del bomber Carnevale.
Sivebaek, titolare sia in A che in B, a fine stagione chiude la sua parentesi italiana e ritorna in Danimarca.


Pur senza essere un campione di quelli con la lettera maiuscola, John Sivebaek rappresenta un po’ il classico terzino destro della vecchia scuola.
Dotato di ottimi polmoni, di discreta tecnica, di una notevole velocità di base e di parecchia tenacia, sempre in grado di offrire la massima compartecipazione alle vicende della propria compagine.
Difende con attenzione ed attacca con misura, garantendo equilibrio tattico.
Professionista esemplare, ragazzo tranquillo ed alla mano, leader silenzioso nello spogliatoio.
Bravo anche a cimentarsi nel ruolo di marcatore puro, come “braccetto” in un modulo a tre, e ad occupare la fascia sinistra, nel caso.
Gioca spesso pure a centrocampo, sia come intermedio che come mediano puro.
Non ha il gol nelle sue corde e preferisce affondare sulla fascia e mettere la sfera in mezzo per i compagni.
Nella prima parte della carriera subisce qualche infortunio di troppo nei momenti topici, non riuscendo ad imporsi nelle più importanti competizioni alle quali partecipa: fin quando -nel 1992- non si riscatta e sale sul tetto d’Europa, entrando a pieno titolo nel gotha del calcio internazionale, con un tripudio epico ed indimenticabile.


Nel 1994 John torna a casa e firma per il Vejle, chiudendo magnificamente il cerchio dopo aver giocato in Inghilterra, Francia ed Italia.
Il club è sceso in seconda divisione ed il difensore cresciuto nel vivaio lo aiuta nella risalita.
Dodici mesi più tardi coglie la permanenza nella massima divisione ma, nel contempo, si rompe il rapporto tra il difensore e la dirigenza, datosi che il terzino vorrebbe gli fosse riconosciuto un ingaggio leggermente più alto, datosi che nel biennio precedente ha giocato praticamente gratis e, quantomeno per ragioni di principio e di correttezza, la situazione non gli va particolarmente a genio.

La chiamata dell’ AGF di Aarhus pone fine alla diatriba.
John Sivebaek si accorda per sei mesi, poi prolunga per altri sei ed al termine della stagione, conclusa con un onorevole terzo posto in classifica, decide di ritirarsi dall’attività agonistica, facendo calare il sipario sulla sua carriera.

John Sivebaek

Per un po’ si dedica alla famiglia, crescendo insieme alla moglie Annette i suoi due figli Christian (che diventerà calciatore di buon livello) e Nicolai.
Quindi apre una società di prodotti per ufficio, prima di arrendersi al forte richiamo del calcio.
Vorrebbe allenare ed adora viaggiare, ma non ha intenzione di allontanarsi definitivamente dalla sua Vejle ed opta per la professione di agente di calciatori, aprendo una agenzia e muovendosi avanti e indietro per l’Europa, senza però dover cambiare residenza.

Ricorda con piacere la sua esperienza al Pescara, sebbene non sia stato felice dei risultati e del caos societario che finì per avvelenare l’atmosfera intorno alla squadra, nel suo biennio in terra d’Abruzzo.
Legatissimo alla Francia ed innamorato del Manchester United, John è soprattutto un tifoso della Danimarca, che continua a seguire con sfegatata passione.
Avendo ampiamente contribuito al più importante trofeo calcistico nella storia della nazione scandinava, è certamente corrisposto da una marea di tifosi biancorossi.

Fino a qualche mese or sono si dilettava pure nelle partite amatoriali e con apprezzabili risultati, prima di appendere definitivamente le scarpe al chiodo per sopraggiunte motivazioni di ordine anagrafico.

Un giocatore bravo ed un personaggio che ispira simpatia.

La Danimarca del 1986 era una squadra fortissima e Piontek un grande tecnico.
Ho avuto tutti allenatori di valore, nella mia carriera.
Da questo punto di vista sono stato molto fortunato.
Nel 1992 non possedevamo la medesima qualità della squadra che andò in Messico, ma Richard Møller Nielsen riuscì a imporre la sua personalità e seppe fare le cose a modo.
Certo, non amava parlare con i giornalisti e loro lo massacravano.
Però con noi fu eccezionale, ci motivò e seppe creare la giusta chimica.
In Svezia ci siamo presentati al torneo da ripescati contro nazionali quali Inghilterra, Svezia e Francia e senza alcuna aspettativa.
Poi man mano abbiamo incominciato a sognare, guadagnato entusiasmo, cementato il gruppo.
Rivedendo le partite ho pensato che non poteva essere solo fortuna perché giocavamo un bel calcio, eravamo forti.
Tutti uniti verso un obiettivo.
Alla fine ci abbiamo creduto davvero, al punto da vincere gli Europei.
E con merito.

john Sivebaek

John Sivebaek: il vento del Nord.

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