• Il Piccolo Principe

Franky Vercauteren

Nel mio immaginario viaggiano in coppia: René Vandereycken e Franky Vercauteren.
Questioni onomatopeiche, immagino: due che se messi insieme, come nel Belgio degli ottanta e per un triennio nell’Anderlecht, possono fare faville con quei cognomi esotici e, nel contempo, emananti solidità ed affidabilità.

Del primo abbiamo parlato poc’anzi.
Va da sé che sia d’uopo raccontare qualcosa anche del secondo.


François Vercauteren, classe 1956, nasce a Molenbeek-Saint-Jean, nell’area metropolitana della capitale Bruxelles, ovviamente in Belgio.
Il suo nome, in futuro, sarà declinato in svariati modi: Franky, Frank, Frankie.
Come se nulla cambiasse.
Ed in effetti è così.

Scolaretto modello ma pure alquanto monello, il buon Franky cresce in un quartiere cosmopolita, che negli anni successivi diverrà un vero e proprio punto di riferimento per i tantissimi immigrati che si trasferiscono in zona, finendo per generare parecchie tensioni e, purtroppo, pure per rappresentare un noto epicentro di focolai di origine religiosa, politica e culturale tra le varie etnie presenti nel paese.

Negli anni sessanta la situazione è, per fortuna, decisamente meno rovente ed il piccolo Vercauteren può divertirsi giocando con i suoi compagni, oltre che studiando.
Giocare a cosa?
Ma a calcio, ovviamente.
Lo sport più bello del mondo.
Franky con la palla al piede è un furetto inarrestabile e non ha compiuto ancora i dieci anni d’età allorquando, dopo un provino, viene preso nel settore giovanile dell’Anderlecht, una delle più importanti società del Belgio e con grande notorietà pure oltre confine.

Vercauteren - Anderlecht

Cresce a vista d’occhio, sia fisicamente che caratterialmente.
Non è particolarmente alto, però è svelto di gamba e di testa ed ha polmoni da maratoneta.
Un prospetto oltremodo interessante, che poco prima di compiere la maggiore età attira le attenzioni dello staff tecnico della prima squadra.
Inizia quindi ad allenarsi con i “grandi” e dalla stagione 1975-76 entra a far parte, a pieno titolo, della rosa dell’Anderlecht, che in quella stessa stagione si aggiudica la Coppa delle Coppe vincendo per 4-2 la finale -giocata proprio a Bruxelles- contro gli inglesi del West Ham.
Franky Vercauteren entra a gara in corso, intorno alla mezzora del primo tempo, sostituendo il compagno Coeck, infortunato.
Gli olandesi Rensenbrink ed Haan, il succitato Coeck, Broos, François Van der Elst, ed altri elementi di spessore consentono al club belga di imporsi in Europa ed al giovanissimo Vercauteren di alzare il suo primo trofeo importante in carriera.
Peraltro bissato a pochi mesi di distanza dalla Coppa del Belgio (4-0 al Lierse) e triplicato dalla Supercoppa Europea conquistata ai danni del Bayern Monaco di Beckenbauer, Maier e Rummenigge: sconfitta per 2-1 in quel di Monaco, vittoria per 4-1 nel ritorno in casa, per l’Anderlecht.
Franky, titolare sia nella finale della coppa nazionale che in entrambe le gare col Bayern, gioca come un veterano a porta a casa il terzo trofeo in pochi mesi.
Nella panchina dei bianco-malva siede l’iconico Goethals, che ha sostituito da qualche settimana il bravo Croon, trasferitosi al NEC Nijmegen, in Olanda.
Un anno dopo i belgi sono presenti nuovamente all’ultimo atto della Coppa delle Coppe: ma stavolta i tedeschi dell’Amburgo di Magath e Kaltz riescono ad avere la meglio nella finale disputata ad Amsterdam, sconfiggendo l’Anderlecht per 2-0.
Per la cronaca Vercauteren, in condizioni precarie di forma, non partecipa all’incontro.

Dodici mesi più tardi l’Anderlecht è di nuovo in finale di Coppa delle Coppe: un record.
In realtà avrebbe perso il duello conclusivo della Coppa del Belgio, nella stagione precedente: ma avendola vinta il Brugge, già trionfatore in campionato, la squadra di Vercauteren si guadagna il diritto a partecipare alla manifestazione e, stavolta, di vincerla, battendo per 4-0 l’Austria Vienna di Prohaska e Morales.
Inoltre ecco la seconda Supercoppa Europea in tre anni, con il Liverpool che perde per 3-1 a Bruxelles (Vercauteren in gol) ed al ritorno non riesce a completare la rimonta, imponendosi soltanto per 2-1 e lasciando il trofeo nella mani dei belgi.


Nel frattempo il nostro è entrato a far parte della propria Nazionale con la prima convocazione che giunge nel 1977, dopo aver giocato sia con l’Under 19 che con l’Under 21.
Salta EURO 1980, in Italia, a causa della pessima forma fisica che spinge il C.T. Thys a puntare su altri elementi che porteranno il Belgio a sfiorare l’impresa, finendo secondo alle spalle della Germania Ovest di Schumacher, Rummenigge e Hrubesch.

Franky Vercauteren guarda oltre: ma se in Europa l’Anderlecht si dimostra all’altezza della situazione, in campionato non sempre le cose sono andate per il verso giusto.
Sono anni in cui il Brugge e lo Standard Liegi approfittano degli sforzi dei giocatori del team della capitale negli impegni continentali per collezionare vittorie nella Division 1.

Nel 1981, con l’ingaggio dell’allenatore jugoslavo Ivic e l’arrivo di calciatori di ottimo livello quali il mezzosangue ispano-belga Lozano e i danesi Morten Olsen, Brylle e Frimann, il club torna a primeggiare pure in patria, vincendo lo Scudetto belga dopo ben sette anni nei quali era rimasto a secco.
E continua a far bella figura in Europa, giungendo sino alle semifinali della successiva Coppa dei Campioni, quando sono i futuri vincitori dell’Aston Villa a stoppare il cammino dei belgi verso la gloria eterna.


Arriva l’estate e, di conseguenza, i Campionati del Mondo del 1982, in Spagna, che vedono Franky Vercauteren tra i protagonisti dei Diavoli Rossi.
All’esordio, contro l’Argentina di Maradona e Ardiles, ecco una sorprendente vittoria per gli uomini di Thys: 1-0, con rete di Vandenbergh.
Il Belgio, oltre si succitati, schiera giocatori come Pfaff, Gerets, Millecamps, Coeck, Ceulemans.
L’1-0 con cui i nordici battono El Salvador e l’1-1 contro l’Ungheria li qualificano agevolmente al turno seguente.
Nel secondo turno, in un girone a tre, le cose vanno molto diversamente.
Due gare, due sconfitte.
La prima per 0-3 contro la Polonia di uno scatenato Boniek, autore di una tripletta.
La seconda al cospetto dell’Unione Sovietica di Blokhin e Dasaev: 0-1 e tutti a casa.


Franky Vercauteren, titolare inamovibile dei suoi, al termine del mondiale viene cercato da diverse compagini blasonate.
Ma l’Anderlecht fa orecchie da mercante e col nuovo tecnico Van Himst va a vincere un’altra Coppa Uefa, nel 1983, superando nella doppia finale i portoghesi del Benfica di Bento e Chalana (1-0 in Belgio, 1-1 al ritorno).
Proprio Franky, da capitano, alza al cielo di Lisbona il trofeo.

In estate, a rinforzare la squadra, arrivano Vandereycken, Arnesen ed Arnór Guðjohnsen.
A fine stagione nuova finale di Coppa Uefa.
Sarebbe un bel bis per l’Anderlecht, ma è il Tottenham di Archibald ed Ardiles a vincere il trofeo, imponendosi ai rigori nella gara di ritorno (doppio 1-1).
Di recente una indagine condotta con colpevole quanto voluto ritardo appurerà che i belgi avevano corrotto -tramite il proprio presidente ed una serie di intermediari malavitosi- l’arbitro spagnolo che in semifinale gli dette un aiuto nel superare il Nottingham Forest, grazie ad una serie di decisioni palesemente assurde.
E qualche ombra compare anche riguardo ad un paio di partite dei primi turni, nello stesso periodo.
Brutte storie, che avrebbero molto probabilmente portato alla revoca del titolo, se emerse con una tempistica “normale”.

Fatto sta che nulla accade ed in patria i bianco-malva vincono tre campionati consecutivi: 1985, 1986, 1987.
Franky Vercauteren, capitano e leader del team, si conferma un vincente nato.


In Nazionale partecipa agli Europei del 1984, in Francia, ed ai Campionati del Mondo del 1986, in Messico.

Nel paese transalpino il Belgio sconfigge la Jugoslavia di Susic Stojković (2-0) all’esordio, poi crolla con la Francia di Platini e Giresse (0-5) e perde anche con la Danimarca di Elkjær e Lerby, deludendo le attese e salutando la compagnia al primo turno.

In Messico i Diavoli Rossi, allenati sempre dal santone Guy Thys, si presentano con aspettative migliori.
Squadra solida e di talento, senza dubbio.
In porta gioca Pfaff.
Dietro ci sono Gerets, Renquin, Grun, Demol, Franky Van der Elst, Broos.
In mezzo Scifo, Vercauteren, Desmet, Vervoort, Mommens.
Davanti Ceulemans, Claesen, Vandenbergh.
E tanti altri che sono pronti a gettare il cuore oltre l’ostacolo per la causa.
Il primo incontro vede gli europei soccombere dinanzi ai padroni di casa del Messico (1-2) di Hugo Sanchez e Aguirre.
La vittoria contro l’Iraq (2-1), nella seconda gara, riaccende le speranze.
Il pareggio per 2-2 con il Paraguay di Cabanas (Vercauteren in gol) consente al Belgio di superare il turno, come prima tra le migliori terze.
Agli ottavi c’è l’Unione Sovietica del mitico colonnello Lobanovskij.
Il match è spettacolare ed il Belgio ne esce vincitore, per 4-3, dopo i tempi supplementari.
I russi, che schierano giocatori di valore come Dasaev, Belanov, Rats e Zavarov, si arrendono dinanzi all’organizzazione tattica degli avversari e ad un arbitraggio discutibile.
I vincitori proseguono il loro cammino eliminando ai rigori la Spagna di Butragueno e Michel ai quarti di finale, dopo che i tempi regolamentari si erano chiusi sul risultato di 1-1 ed i supplementari non avevano mutato la scena.
In semifinale ecco l’Argentina di Maradona.
Diego è in forma atomica ed è semplicemente immarcabile.
I belgi provano un inedito schema 8-1-1 con annessa gabbia per limitare il Re, ma non funziona: 0-2 e grande delusione che culmina nella successiva sconfitta nella “finalina” di consolazione per il terzo posto (2-4 -ai supplementari- con la Francia di Amoros e Papin).

Belgio - Argentina 1986

Franky Vercauteren gioca un gran bel mondiale da titolare inamovibile (salta solo l’ultimo match) e da trentenne, quindi nel pieno della maturità calcistica e personale.

Il quarto posto del Belgio ai Mondiali è un risultato di valenza storica immane, per i Diavoli Rossi.
Tra le altre cose vi è un episodio inerente la spedizione messicana che riguarda proprio Vercauteren: nell’andata dello spareggio con l’Olanda, per garantirsi un posto ai Mondiali, Franky accentua considerevolmente un colpo ricevuto da Kieft nei primi minuti di gara, con l’arbitro italiano D’Elia che espelle quest’ultimo e con lo stesso Vercauteren che una ventina di minuti più tardi segna uno splendido gol con un magnifico tiro da fuori area che si insacca sul palo opposto dell’incolpevole portiere olandese.
Unico e decisivo gol del match, con il centrocampista belga che a fine gara si pente del gesto poco elegante e che al ritorno, col Belgio che ha segnato a pochi minuti dal termine la rete che gli ha permesso di partire per il Messico (1-2), è costretto a girare con la scorta, a causa delle minacce ricevute dai tifosi orange.
Bel tipetto Franky, non c’è che dire.


Calciatore di talento e di sostanza, fisicamente “essenziale” e dinamico.
Una sorta di Søren Lerby, per capirci: eclettico e produttivo.
Centrocampista in effetti oltremodo versatile ed adattabile ad una notevole varietà di schemi tattici: preferisce agire sulla sinistra, come esterno mancino -solitamente in un classico 4-4-2- che attacca con grande vigore e difende con apprezzabile puntualità.
Ma non ha problemi a giocare come esterno alto e/o come interno, in un modulo a tre e/o a cinque, e non di rado si muove pure da centrale di metà campo.
Intelligente, carismatico, astuto: spesso è il primo a raddoppiare sul giocatore avversario più pericoloso tra quelli che operano sulla trequarti e talvolta si occupa proprio della marcatura ad uomo del fantasista rivale.
Ha un sinistro al fulmicotone, radente, che gli consente di crossare con precisione chirurgica. di sfornare assist a profusione, di inventare parabole arcuate ed impregnate di malefico effetto, di tirare in porta direttamente da calcio d’angolo e di segnare con discreta frequenza.
La sua raffinata tecnica gli permette inoltre di superare in dribbling secco i suoi antagonisti: il che porta diversi allenatori a schierarlo anche da ala vera e propria, in alcuni frangenti della carriera.
Di contro, se non è in giornata, inizia ad avvertire la pressione nervosa e rischia di incidere poco, per quanto impari -con l’esperienza- a gestirsi adeguatamente, sia in campo che fuori, ed a tirare fuori il meglio di sé, in ogni circostanza.


Nel 1987, dopo aver conquistato il terzo titolo consecutivo di Campione del Belgio (il quarto in totale), decide di chiudere il suo ciclo dodicennale con l’Anderlecht.
Le petit Prince du Parc Astrid (il piccolo Principe di Astrid Park, il parco all’interno del quale sorge lo stadio dove gioca la squadra bianco-malva) scioglie il fortissimo vincolo che lo lega al suo club natio e lascia dopo quasi cinquecento gare ed oltre cento reti, con una bacheca ricca di titoli sia di squadra che personali.
Una saga nella saga, insomma.

Di lì a poco chiude anche con la maglia della Nazionale, dopo aver mancato la qualificazione ad EURO 1988.
Oltre sessanta gettoni di presenza conditi da una decina di reti, il bottino con les diables rouges.
E due mondiali ed un europeo, a curriculum.
Un’istituzione.


Franky Vercauteren è pronto per una nuova avventura e le proposte non gli mancano di certo.
In Italia viene offerto alle neopromosse (Cesena, Pescara e Pisa) ed a Verona, Sampdoria ed Ascoli: ma nessuna di esse approfondisce la traccia con convinzione.
In Germania ha un paio di abboccamenti, senza esito.
Dall’Olanda si fa vivo il PSV Eindhoven, però l’affondo decisivo è di marca francese: il Nantes, club che già aveva provato ad ingaggiarlo quattro anni prima (contattando il calciatore senza interpellare la società d’appartenenza e, di conseguenza, irritando l’Anderlecht e facendo saltare il trasferimento) e che dopo un periodo di splendore ha intrapreso una politica che mira ad acquisire calciatori di esperienza e cedere giovani promesse, per tentare di risanare i propri bilanci, alquanto deficitari.
Va detto che tra calciatori di esperienza e calciatori avviati sul viale del tramonto vi è una bella differenza.
Il Nantes, a fine anni ottanta, finisce per orientarsi involontariamente sui secondi, piuttosto che sui primi.
Vercauteren è però l’eccezione che conferma la regola: Franky, per un triennio, è tra i migliori dei canarini, come vengono soprannominati i giocatori della compagine bretone.
I promettentissimi giovani Deschamps e Desailly, l’estroso argentino -Campione del Mondo nel 1986- Burruchaga, il solido bomber Anziani, il prolifico attaccante scozzese Johnston e la scattante punta senegalese Youm sono i giocatori più qualitativi del team, che ondeggia tra la metà della graduatoria e le posizioni a ridosso della zona che conta, del torneo transalpino.

Vercauteren - Nantes


Segna pure abbastanza, il buon Frank.
Ma non basta a far salire di livello il Nantes e nel 1990, alla vigilia del Mondiale in Italia nel quale un buon Belgio uscirà agli ottavi contro l’Inghilterra, la società decide di liberarsi di un ingaggio pesante e concede a Vercauteren la lista gratuita, evitando di rinnovargli il contratto ormai prossimo alla scadenza.
Con trentaquattro primavere sul groppone è ora, per il nostro, di tornare a casa.

Franky Vercauteren, RWD Molelbeek

Casa casa, eh.
Non all’Anderlecht, quindi, che è in fase di rinnovamento.
Quanto piuttosto al RWD Molenbeek, nel quartiere natio, in un club che è appena tornato in massima serie dopo aver patito una cocente retrocessione nell’annata precedente.
Franky Vercauteren offre il suo contributo di esperienza e classe e per tre anni la squadra si stabilizza a metà classifica del torneo.
Poi, nell’estate del 1993, il centrocampista rifiuta un rinnovo annuale, ringrazia i dirigenti per la fiducia e si ritira dal calcio giocato.


Intraprende la professione di allenatore, iniziando con le giovanili del R.C.S. Brainois e del Malines, per poi passare ad occuparsi della prima squadra di quest’ultimo club.
Entra quindi nell’organigramma dell’Anderlecht, dapprima come assistente e, più tardi, come allenatore capo.
Vince due campionati, poi accetta la chiama della nazionale belga, da assistente.
Sostituisce il suo amico Vandereycken, che ha rimesso il mandato a causa dei risultati non all’altezza, e pochi mesi dopo lo imita, rassegnando a sua volta le dimissioni.
Firma per il Genk e vince un altro campionato, quindi opta per un’avventura esotica negli Emirati Arabi Uniti, con l’Al-Jazira.
Un breve intermezzo allo Sporting Lisbona, in Portogallo, ed un altro al Malines, di ritorno.
Nel 2014 si trasferisce in Russia, al Kryl’ja Sovetov Samara, che riporta in prima divisione.
Si ripete col Cercle Brugge, con il quale viene promosso in prima serie belga.
Nel 2018 accetta la corte dell’Al-Batin, in Arabia Saudita, prima di tornare in Belgio a guidare Anderlecht ed Aversa.

Per un paio di anni vive in Russia, accanto alla ultima compagna Khimki ed alla figlioletta Maiia.
Ha altri tre eredi, uno dei quali lavora come fisioterapista nel suo staff e, ultimamente, è stato assunto dall’Anderlecht.

Dall’anno scorso (2023) è Direttore Tecnico presso la Federazione, occupandosi della Nazionale e coadiuvando lo staff sportivo della rappresentativa belga.

Franky Vercauteren, today

Un calciatore che ricordo con grande piacere, che insieme a tanti suoi connazionali mi ha reso simpatico il Belgio degli anni 80-90.
Inoltre, come detto nell’intro, mi stuzzicava la coppia con Vandereycken.
E prescindendo dalle mie follie onomatopeiche, sono certo che insieme sarebbero stati linfa vitale per qualsiasi squadra, oltre che per l’Anderlecht e per la nazionale belga.

Per non tornare a quel Mondiale del 1986, eh, dove tutto era bello come la giovinezza.

Franky Vercauteren: il Piccolo Principe.

V74

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